venerdì 15 aprile 2011

La cronaca dell'intervento del Diretùr al Festival del Giornalismo di Perugia.

Stampacadabra, che era presente in sala, ha scritto un'analisi dettagliata dell'intervento di Ezio Mauro al Festival del Giornalismo di Perugia:

La sua presenza è ormai diventata un must qua a Perugia. Il direttore di Repubblica, Ezio Mauro, ha timbrato tutte le edizioni del Festival Del Giornalismo, raccogliendo ogni volta sale gremite e giovani rampanti a sollecitarlo sulle numerose questioni che attanagliano l’Italia. Poteva essere un incontro interessante per sviscerare il mondo dell’informazione e della stampa, e invece per più di un’ora i discorsi sono stati improntati sulla berlusconizzazione del nostro Paese. E anche se Mauro ribadisce che “noi non siamo ossessionati da Berlusconi”, insistendo però sullo sbugiardamento delle anomalie che il premier ha pervicacemente coltivato nel tempo, il premier permea gran parte delle riflessioni del direttore, anche quando non è chiamato in causa direttamente. “I giornalisti hanno ottusa insistenza e il giornale deve creare utenti consapevoli” prosegue Mauro, che inizia il suo discorso dal sapore di comizio con la battuta del premier sullo Stalin-D’Avanzo, episodio che non meriterebbe svisceramenti trascendentali eppure la folla si aspetta di sentire le sue invettive da leader politico sceso in campo, che la retorica rende oggettivamente affascinanti e scandite da scroscianti applausi della platea.


Repubblica si è da tempo posizionata all’attacco nei confronti del premier. Non sarà “ossessione”, ma il giornale di Mauro si è contraddistinto per una posizione di incalzo strenue, a partire dalle note dieci domande, uno degli episodi che il direttore snocciola per evidenziare l’incapacità del premier, questione che sta a cuore ai giovani presenti in sala, che intervengono con domande politiche, qualcuna pure scomoda sull’opposizione (domande che Mauro dribbla con maestria, annaspando con classe sul vago). Peccato che per più di un’ora si discuta di Italia e politica, e anche le domande su economia e scenari internazionali ripiombano negli scandali del premier, ahimé onnipresente nella parole di Mauro, invece di dare uno sguardo all’editoria italiana, all’informazione e al ruolo dei giornalisti, questione che soltanto al termine del dibattito viene accesa da una giovane studentessa che si chiede quanto peso abbia oggi questa figura. Qualcuno più audace l’ha buttata sulla “rotocalchizzazione e santificazione della famiglia reale” e i riferimenti alla stampa patinata di Chi si sprecavano: se anche negli anni ‘60 i giornali erano pieni di servizi sulle dinastie reali, oggi i lettori di fronte a questi servizi non riescono ad accorgersi del contenuto politico veicolato da quelle immagini, ovvero un motivo per dichiarare stupidi i lettori (sentenza poco professionale). Più in generale nel dibattito era invisibile l’appiglio più legato al festival, ma d’altronde la platea voleva essere galvanizzata, e gli applausi alla nomina di Dino Boffo e Peppino Englaro (la cui pertinenza è stata tirata per i capelli) la dicono lunga.


Soltanto nel finale il direttore, sollecitato dalla mia domanda sul futuro della carta stampata e sul ruolo dei giornali, centra l’obiettivo e la sua è una sentenza limpida e chiara: i giornali non moriranno, anzi, diventeranno la sede dell’approfondimento, merito che in realtà già hanno. La parola chiave sarà community (le molteplici iniziative dagli appelli alle fotogallery servono per creare ovviamente consenso e adesione al giornale) e sistema complessivo, che va dalla carta al web e che permette di vedere quell’aumento totale di lettori che nessuno si aspettava. “Il lettore cerca il deposito di esperienza e conoscenza” che soltanto il quotidiano può fornire, ma sarà inevitabile la decimazione, “anche in Italia avremo soltanto 2-3 giornali nazionali che venderanno come quelli europei, aumentando la loro forza sul web grazie al brand della testata” prosegue Mauro. Il giornale, chiude il direttore, “può andare in profondità, creando quella differenza tra sapere e conoscere, vedere e guardare”. E’ la “ricerca del senso”, la scelta di notizie che “moltiplichino il significato” a reggere il sistema e a scansare il tanto temuto de profundis da tempo recitato dai guru del mondo. Mauro non si è dilungato sui nuovi mezzi di comunicazione, uno su tutti il tablet (come l’iPad), ma di certo nel prossimo futuro la battaglia sarà su più fronti e siamo sicuri che la carta stampata rimarrà (raccoglie comunque il grosso della pubblicità dopo la tv ed è ben sedimentata nelle abitudini dei lettori) e il suo ruolo non potrà essere altro che contenitore di lusso dell’approfondimento a prezzi, speriamo, sempre così contenuti.

1 commento:

Piazza Indipendenza ha detto...

Sempre a proposito del Festival del Giornalismo, segnalo lo straordiario servizio fornito martedi' sera da Repubblica Tv con la diretta dell'intervento di Saviano. Se l'avesse trasmesso la Rai avrebbe fatto un mega ascolto, la cosa e' invece clamorosamente passata quasi sotto silenzio.