Riportiamo integralmente un interessante post apparso sul blog DIS.AMB.IGUANDO di Giovanna Cosenza in cui si sviscera un tema già trattato a fondo da PPR, qui e qui:
Negli ultimi due anni sono nate in Italia diverse testate giornalistiche on line, che hanno fatto boom, entrando rapidamente fra i siti più frequentati e commentati in rete. Penso anzitutto al Fatto Quotidiano di Antonio Padellaro, che nasce in rete con L’Antefatto nel giugno 2009, va su carta a settembre 2009, e poi in rete nella versione attuale, sotto la direzione di Peter Gomez, da giugno 2010; penso a Il Post di Luca Sofri, nato a metà del 2010 e diventato in pochi mesi il blog più cliccato d’Italia, addirittura più di Beppe Grillo che ora è secondo.
Poi nell’ottobre 2010 sono arrivati Lettera 43 di Paolo Madron, e a gennaio di quest’anno Linkiesta di Jacopo Tondelli, che pure loro a quanto pare stanno andando bene. Insomma, seppure in ritardo rispetto a molti altri paesi, per fortuna anche da noi il giornalismo on line sta decollando.
Non sono una giornalista e perciò lascio ad altri la discussione sui rapporti fra giornalismo tradizionale e on line, sull’affidabilità di entrambi, sulla crisi dei giornali cartacei e i successi di quelli on line. Cose di cui già molto si parla in rete.
Mi limito però a esprimere un disagio che ho sempre avvertito navigando questi ambienti: sono dominio nettamente maschile. Ne parlo solo oggi perché ho finalmente trovato il tempo di togliere vaghezza al mio disagio e fare un po’ di conti.
Cominciamo dal Fatto Quotidiano: stando a Wikipedia, oggi la redazione è composta da 45 persone (all’inizio erano 16), ma solo 11 sono donne, vale a dire circa il 24%; inoltre, su 262 blog (se ho fatto bene i conti) che afferiscono alla testata on line, solo 61 sono di donne, il che vuol dire circa il 23%.
Il Post: 1 direttore, una redazione composta da 2 maschi e 2 femmine, più 2 collaboratori maschi e 1 segretaria di redazione, il che significa 8 persone di cui 3 donne, cioè il 37,5% (vedi Chi siamo). Malino, non malissimo. Ma se contiamo le firme, le donne quasi svaniscono: su 46 autori solo 7 sono donne, cioè circa il 15%.
Per fortuna nella redazione di Lettera 43 le cose vanno molto meglio (vedi Staff): è vero che il direttore Paolo Madron è un uomo (come negli altri casi), ma il redattore capo Nadia Anzani è una donna (wow); inoltre, nella redazione di 16 persone, ben 11 sono donne, vale a dire una maggioranza del 68,75%. E se è vero che la segretaria di redazione è come sempre una donna, è anche vero che il direttore editoriale lo è. Evviva.
L’ottimismo si spegne subito se frughiamo nella redazione di Linkiesta: 14 persone, di cui solo 1 donna. Suona forse meglio se diciamo che qui le donne sono poco più del 7%, ma sempre una sola è.
TIRANDO LE SOMME
Insomma, stando a questi numeri e tenendo conto che nel Parlamento italiano – di cui tutti lamentiamo il maschilismo – ci sono 191 donne su 945 parlamentari, e cioè solo il 20,2%, ebbene: in Italia il cosiddetto «nuovo giornalismo on line» – a parte Lettera 43 (sia lodata!) – appare a volte più maschilista della già molto maschilista politica italiana.
Allora mi chiedo: perché? Non ci sono abbastanza giornaliste che abbiano interesse per la rete? Non ci sono abbastanza giornaliste in generale? O non ci sono abbastanza giornaliste che siano adatte alle nuove testate on line?
Insomma, dove lavorano le giornaliste italiane? Non voglio pensare siano relegate (o si siano auto relegate) alle testate femminili… o sì?
3 commenti:
Grazie per aver ripreso il mio articolo. Interessanti i pezzi che avevi scritto sulle donne di Repubblica.
A presto!
:-)
Giovanna
Grazie a te, Giovanna. torna a trovarci.
Analisi molto interessante e poco confortante.
Dal lato nostro, stiamo ancora aspettando che qualcuno di Repubblica ci dia qualche numero (quante giornaliste donne e, tra di esse, quante con responsabilità) per capire se la nostra sensazione di netta prevalenza maschile all'interno del giornale sia fondata o meno.
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