Il dibbbattito scatenato nei giorni scorsi da Kriss sulle recensioni cinematografiche facili, con conseguente rilancio (involontario?) di Michele Anselmi sul Secolo XIX, ha fatto sì che la basca Carmen andasse a scandagliare la memoria digitale di questo blog fino a recuperare un post della desaparecida Caterina (i pipierrini doc se la ricorderanno di certo) del 5 dicembre 2009 in cui, udite udite, si parlava di recensioni cinematografiche affidate a chi recensore cinematografico non è.
Tutto sto pippone per dire che PazzoPerRepubblica, il blog dei feticisti di Repubblica, rivendica la paternità della discussione. Eccheccazzo.
Per ripagare lo sforzo attuale di Carmen e quello di allora di Caterina, ripubblichiamo integralmente quel post:
Caro PPR,
ieri ho visto finalmente "Gli abbracci spezzati." Penoso. Ma non è questo il punto. Avendo visto il film, ho ripensato alla "recensione" di Curzio Maltese in R2Cult.
Anche perché oggi mi è capitato di dare un'occhiata al TrovaRoma allegato a Repubblica di Roma; in esso c'è una "Pagella", cioè una tabella con stellette e palline in cui Franco Montini sintetizza "il giudizio espresso nelle recensioni dei critici cinematografici di sette quotidiani." Tra questi, ovviamente, Rep.; e per Rep. chi c'è? "R.Nepoti - D'Agostini." Che tristezza. Quasi mi sono venute le lacrime agli occhi.
Guardo la riga di "Abbracci spezzati": i colleghi della Rep. di Roma assegnano il giudizio sintetico di "Abbracci," a Nepoti e D'Agostini (poverini: non sono evidentemente ancora attrezzati per lo sconvolgimento R2Cult); laddove la recensione l'aveva fatta, come sappiamo, Maltese. Non solo: assegnano al film il massimo del gradimento critico, quattro stellette. Mentre Maltese lo aveva quasi stroncato, sia pure a modo suo, diciamo così. Cos'è, prima gli fate fare la recensione, poi non lo ignorate? Avete telefonato a casa di Nepoti per chiedergli cosa ne pensava lui del film?
Sono andata a rivederla, allora, la recensione di C.M., perché, dopo aver visto il film, è tutta un'altra cosa.
Ahimè! Finora le lamentele riguardavano in genere la scelta di sostituire degli specialisti con degli amatori, non entrando nel merito delle dilettantesche recensioni (a parte il caso, peraltro molto particolare, del "Valentino" aspesiano). Ma se si legge cosa ha scritto Maltese degli "Abbracci," signori miei, povera Repubblica.
Oramai l'articolo è vecchio, e quindi è inutile rinnovare un dolore nefando. Ma chi ha visto il film lo rilegga. Si chieda cosa c'entri Javier Bardem col film (risposta: niente); apprezzi lo stile forbito ("della serie" ripetuto a distanza di poche righe); si domandi come sia possibile pensare che l'incidente stradale non sia un caso, come è ovvio che sia (se qualcuno la pensa diversamente, alzi la mano); ammiri la quantità di riferimenti a citazioni e "simboli sparsi qua e là" (sic) nel film, senza che ne sia fatto un solo esempio. Del resto, il film "E' una metafora dei crudeli anni Novanta": cioè? E' possibile non fare neppure un accenno al fatto che il film che il regista prima gira e poi rimonta è una parodia di "Donne sull'orlo di una crisi di nervi"?
Il confronto con la recensione di Mereghetti è umiliante per ogni PPR.
L'Anteprima del Mercoledì non placa la rabbia di nessuno. Evviva D'Agostini, ma noi vogliamo Nepoti.
Caterina
ps: la foto è tratta dal blog di Alberto Cassani, uno che di mestiere indovinate cosa fa?.
2 commenti:
Un complimento speciale alle molteplici rarità del titolo (del post).
Internet è un mare enorme, ma quando si parla di certi argomenti è proprio piccino. Tre giorni fa vengo qui per la prima volta a commentare i vostri post, e oggi citate inconsapevolmente una vignetta del mio blog... Che poi la vignetta è di Matt Groening, io l'ho solo tradotta...
Comunque, parlando della critiche dei non critici, sono sempre più attuali le parole di Serge Daney: "[La società moderna è] un villaggio che non ha bisogno di critica, ha bisogno di imbonitori, di ultras, di guardie campestri, insomma di televisione. [...] Nell’epoca postmoderna e degli effetti speciali, l’autore è un marchio di fabbrica e il critico non seleziona più, ma ratifica l’esistente è diventa un “colabrodo”. Al massimo distingue ciò che è “da portare” da “ciò che non lo è”. [...] Non si chiede più a colui che sa (o che ama o, peggio, che sa perché ama) di dividere il suo sapere con il pubblico, si chiede a colui che non sa nulla di rappresentare l’ignoranza (a volte crassa) del pubblico e, così facendo, di legittimarla."
Tra l'altro, quest'anno a Venezia ci sono state diverse polemiche perché si è tornati ad avere una proiezione unica per la stampa dopo alcuni anni in cui ce n'era una riservata ai quotidiani e una per tutti gli altri. Alle grandi firme (tra cui la Aspesi, ma anche Mereghetti) ha dato fastidio doversi mescolare con la plebaglia di internet. Chissà se hanno capito che il vero nemico è un altro, non i colleghi degli altri mezzi di comunicazione?
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