giovedì 6 settembre 2012

Fundadòreide. Colaprico risponde ad un lettore di PPR.

In uno degli episodi della recente Fundadòreide, abbiamo pubblicato il punto di vista del republicone Piero Colaprico, che si schierava con Ezio Mauro e definiva pirandelliana la trattativa tra Stato e Mafia. La tesi di Colaprico venne contestata dal lettore Peter che cosí commentava:
Che la trattativa sia considerata "pirandelliana" è imbarazzante, soprattutto per chi lo scrive. La trattativa c'è stata perché lo dicono alcune sentenze definitive. Un consiglio: molto meglio dedicarsi ad argomenti che si padroneggiano, nello specifico le biciclette.... 
Oggi Colaprico ci chiede di poter spiegare in due righe perché per lui la trattativa è pirandelliana.
E noi, più che volentieri, diamo spazio alla sua replica:
Trattativa pirandelliana: detto, e lo ripeto. Qualcosina penso di capire, visto che nel '93 sono inciampato negli stivali di un pompiere morto in via Palestro e mi sono sempre occupato di grande criminalità organizzata. Se bene o male non so, ma con onestá e chiarezza sí, e me ne sbatto da una vita di carriere, cordate e schieramenti, e finché posso permetterlo, continuo così.. La responsabilità penale è personale. Giusto o no? Trattativa stato-mafia è uno slogan, bisogna sapere quali persone della mafia e quali persone dello Stato si sono incontrate, chi ha fatto che cosa e con chi, forse possiamo sorvolare data la situazione sul quando e come, ma il perché servirebbe.
Sinora ho la sola certezza - da lettore di carte giudiziarie e giornali - che i carabinieri hanno incontrato persone di Cosa nostra. Come succede forse da 60 anni. Dunque, quale trattativa? Una, nessuna e centomila, per me, e sino a questo momento. Politici e mafiosi, che sono la stessa cosa a volte, da quando in qua hanno bisogno dei carabinieri come mediatori per trattare, mi chiedo?
Conoscevo alla perfezione il curriculum di Falcone, così come quello di Borsellino, entrambi rigorosi e cauti, pace all'anima loro, vittime di cosa nostra e di tante vigliaccherie italiane, ammazzati con le scorte dopo aver fatto danni anche irreparabili ai mafiosi. Il mio rispetto, la mia ammirazione per loro sono totali e incondizionate. Da tempo, a parte pochi magistrati a Milano e Reggio Calabria, non vedo più danni irreparabili inflitti alle mafie contemporanee, pericolose, efficienti. S'indaga sul passato, il presente chissà, è cosí sfarinato, e impegnativo, vero? Tutto qui, e non torno più sull'argomento in questa sede. Torno, come provoca il lettore, alle mie biciclette milanesi e lascio a lui, e ad altri, quello che temo essere un paraocchi. E mentre ringrazio pazzo per repubblica per la sua simpatia e attenzione, mentre so che dentro il mio giornale la discussione è trasparente e persino educativa, prego, e sono serio, che non ci siano nuovi attentati (C'è chi gioca una partita, nessuno sa ancora quale sia la posta sul piatto, e tanti, troppi, parlano a vanvera nella pigra stagione dell'editorialista seduto).

Piero Colaprico

10 commenti:

Giorgio ha detto...

Complimenti a Colaprico per aver interagito con PPR.

Barbapapà ha detto...

Sì, complimenti sinceri a Colaprico.
Non si può che essere ammirati (e compiaciuti per il grande Feticista Supremo) quando si osserva un grande giornalista gettarsi nella mischia con i suoi lettori per chiarire il proprio punto di vista.
Nello specifico, con tutto il rispetto e la stima per Colaprico, non è ch'io trovi così convincente la sua spiegazione. E’ vero che politica e mafia sono sempre state in rapporti (collusione, favoreggiamento, associazione criminale: chiamiamoli come vogliamo), ma non per questo dobbiamo trattare con disincanto o sufficienza il tentativo della magistratura di fare luce su questi rapporti, soprattutto quando assumono le sembianze di una resa dello Stato alla mafia (la trattativa). Poi, concordo sul fatto che oggi lo sforzo di contrasto alla mafia sembra avere minore intensità e spero che i timori di Colaprico sugli attentati rimangano tali.
Per tornare alla rubrica di lettere milanese, io ho trovato forzato l’inserimento di quelle considerazioni in risposta a quella lettera. E’ evidente che Colaprico sentiva l’urgenza di dire la propria ma, mi chiedo, è possibile che un giornalista del suo peso non avesse altro spazio sul suo giornale per esprimersi su tali questioni?

Ps e se Colaprico avesse scritto a PPR perché ha pensato che il blogger Peter che lo ha criticato fosse Peter Gomez? (si scherza, eh)

ilaria ha detto...

Colaprico potrà avere tutta l'esperienza che vuole sul tema ma di certo non può sapere cosa un processo che deve ancora iniziare potrà portare alla luce. La collusione tra la mafia e la politica c'è da 60 anni benissimo, quindi se adesso ci sono degli elementi concreti per scoperchiarne un piccolo pezzettino allora non deve avere alcun valore? Se i politici collusi non sono pezzi da 90 ma solo politucoli locali allora quello non si può chiamare Stato? Colaprico ha già sentenziato che questi politucoli non siano pedine mosse da qualcun'altro?
Quanta saccenza!!! E quanta arroganza nel trattare il lavoro di questi magistrati come affare di poca importanza che non interessa a nessuno. E invece agli italiani l'argomento interessa moltissimo. Del perché poi risolvere i conti con il passato serva ad affrontare il presente glielo ha spiegato bene Diamanti nel pezzo citato da questo blog. E per fortuna che in questo giornale c'è ancora qualcuno che dice le cose come stanno.

L'ultima considerazione è per gli editorialisti seduti. Si riferisce ad un gruppo di cittadini che hanno l'ardire di esprimere la loro opinione sull'argomento? Siamo noi a mettere a rischio qualche vita perché parliamo con troppa libertà di argomenti a noi preclusi? E se invece l'atteggiamento pericoloso fosse proprio questa sufficienza con cui lei, alcuni suoi colleghi e il fondatore del suo giornale trattano queste persone che oggi potrebbero essere in pericolo?

Michele ha detto...

Penso che "editorialisti seduti" fosse un riferimento alla premiata ditta Travaglio & Padellaro. Almeno io l'ho inteso così.

Peter ha detto...

L’articolo:
LINK: http://www.repubblica.it/cronaca/2012/07/31/news/la_lunga_storia_della_trattativa_stato-mafia_una_sentenza_gi_ne_conferma_l_esistenza-40048128

La lunga storia della trattativa Stato-mafia una sentenza già ne conferma l'esistenza - Repubblica.it
La lunga storia della trattativa Stato-mafia: una sentenza già ne conferma l'esistenza
La corte d'assise di Firenze: "Ci fu una trattativa. L'iniziativa fu assunta da uomini delle istituzioni" e venne impostata su un "do ut des". In un'informativa della Polizia del '93 si legge: "Obiettivo delle bombe è giungere a una trattativa con lo Stato"
ROMA - In quest'estate cosi carica di dibattito sul nostro passato, c'è un'Italia che ha improvvisamente scoperto la trattativa. Ma è davvero così inedito questo tema, è così nuova la notizia che un pezzo di Stato ha o avrebbe trattato con la mafia prima e dopo le stragi del 1992? Forse è opportuno fare un passo indietro per orientarci in questo complicato affaire, e ricostruire la storia di un negoziato che per qualcuno è solo un teorema giudiziario ancora tutto da dimostrare e per qualcun altro è addirittura palesemente infondato.
Partiamo da un punto: su quel patto fra pezzi delle Istituzioni e Cosa Nostra c'è già il bollo di una sentenza emessa in nome del popolo italiano.

Dunque - al di là dell'inchiesta dei magistrati siciliani e delle responsabilità che coinvolgeranno o meno i dodici indagati eccellenti per i quali è stato
richiesto qualche giorno fa il rinvio a giudizio - la trattativa non è "supposta" o "ancora da verificare in sede processuale", una corte di assise ha già detto che è stata "indubbiamente" avviata fra il 1992 e il 1994.

Ci sono documenti che parlano da quasi vent'anni di questo accordo per fermare le bombe. Informative di polizia. Atti acquisiti negli archivi dell'amministrazione penitenziaria.
Testimonianze di investigatori dei reparti speciali, di ex ministri, di funzionari del ministero di Grazia e giustizia e - se valgono ancora qualcosa - di mafiosi pentiti.
Infine c'è il verdetto di un collegio giudicante - quello di Firenze - che appena qualche mese fa ha condannato una quindicina di boss per le bombe di via dei Georgofili (tra loro i soliti Totò Riina, Bernardo Provenzano, Giuseppe Graviano) e poi ha dedicato cento delle cinquecentoquarantasette pagine della motivazione della sentenza esclusivamente al movente degli attentati in Continente e, appunto, alla trattativa. Sono datate marzo 2012. Si legge nella prima di quella cento pagine: "Una trattativa indubbiamente ci fu e venne, quantomeno inizialmente, impostata su un do ut des. L'iniziativa fu assunta da rappresentanti delle istituzioni e non dagli uomini di mafia".
(...)
Dopo le bombe il 41 bis è stato effettivamente cancellato per centinaia di mafiosi e "alleggerito" per altriUna nuova legge sui collaboratori di giustizia c'è stata. . (...)

Peter ha detto...

2.-------------------------------------------------------------------------------------------
“bisogna sapere quali persone della mafia e quali persone dello Stato si sono incontrate,”
“Sinora ho la sola certezza - da lettore di carte giudiziarie e giornali - che i carabinieri hanno incontrato persone di Cosa nostra. come succede forse da 60 anni. Dunque, quale trattativa? Una, nessuna e centomila, per me, e sino a questo momento. Politici e mafiosi, che sono la stessa cosa a volte, da quando in qua hanno bisogno dei carabinieri come mediatori per trattare, mi chiedo?
“S'indaga sul passato, il presente chissà, è cosí sfarinato, e impegnativo, vero? “


Le carte giudiziare e i giornali andrebbero letti con maggiore attenzione.
Sempre dalla sentenza di cui sopra “La trattativa tra Stato e mafia – proseguono le motivazioni – iniziò dopo l’uccisione di Giovanni Falcone, ma si interruppe con l’attentato in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino. Un rapporto che “si interruppe con l’attentato di via D’Amelio, forse per una sorta di ritirata di chi la conduceva (certamente il colonnello Mario Mori, forse i livelli superiori degli apparati istituzionali) di fronte al persistere del programma stragista, laddove la trattativa avrebbe richiesto quanto meno un armistizio”.
Scordammuce o’ passato non fa proprio per me – mi fa specie ci siano giornalisti che ne facciano la loro bandiera.
La “scomparsa” dei fatti non può essere MAI condivisibile.
Ci sono 3 processi in corso e vogliamo giustizia e verità.
Si chiede troppo ?
Rinfresco la memoria in particolare sul processo sulla trattativa, riprendendo una sintesi dall’ottimo sito statomafia.it (che consiglio di seguire a chiunque voglia approfondire o semplicemente restare informato)


“Il 24 luglio 2012 la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di 12 indagati per la Trattativa tra Stato e mafia, per la prima volta nella stessa inchiesta vengono chiamati in causa politici: Nicola Mancino, Marcello Dell’Utri e Calogero Mannino, esponenti delle forze dell’ordine: Mario Mori e Giuseppe De Donno, mafiosi: Leoluca Bagarella, Salvatore Riina, Antonino Cinà e Bernardo Provenzano e il figlio di Vito Ciancimino, Massimo. Secondo l’atto d’accusa fu l’ex ministro Calogero Mannino a dare impulso alla Trattativa nei primi mesi del 1992, mentre Mario Mori e Giuseppe De Donno l’avrebbero proseguita tramite Vito Ciancimino.
Dal 1993, invece, il referente politico di Cosa Nostra sarebbe diventato il senatore Marcello Dell’Utri, i magistrati palermitani scrivono nell’atto che i capimafia Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca “prospettarono al capo del governo in carica Silvio Berlusconi, per il tramite di Vittorio Mangano e Dell’Utri, una serie di richieste finalizzate ad ottenere benefici di varia natura”. I capi d’imputazione sono concorso esterno in associazione mafiosa e violenza o minaccia a corpo politico dello Stato, gli indagati, secondo la procura “Hanno agito per turbare la regolare attività dei corpi politici dello Stato”, mentre il senatore Mancino risulta indagato solo per falsa testimonianza “deponendo al processo Mori anche al fine di assicurare ad altri esponenti delle istituzioni l’impunità ha affermato il falso e comunque taciuto in tutto o in parte ciò che sapeva”.
Massimo Ciancimino è invece indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia nei confronti dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro.”
[url=http://www.statomafia.it/category/processi/]Processi – La trattativa Stato-Mafia[/url]


4.-------------------------------------------------------------------------------------------

“Tutto qui, e non torno più sull'argomento in questa sede.”
Me ne farò una ragione...
“C'è chi gioca una partita, nessuno sa ancora quale sia la posta sul piatto, e tanti, troppi, parlano a vanvera nella pigra stagione dell'editorialista seduto)”
Unico punto in cui sono d’accordo: un po’ di sana autocritica non fa mai male :)

Enrico Maria Porro ha detto...

peter, ma dopo tutta questa litania, puoi almeno dirci se sei peter gomez?

Peter ha detto...

Perchè scompare la prima parte del mio post ? Riprovo

Altra occasione persa per Colaprico che insiste in posizioni indifendibili, qui è d’uopo una risposta articolata…
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“Trattativa pirandelliana: detto, e lo ripeto” - “Trattativa stato-mafia è uno slogan”
Non si può liquidare testardamente in questo modo la questione della trattativa Stato-Mafia con pigre posizioni da editorialista seduto o vacanziero che dirsi voglia.
E’ sin troppo facile contrapporre l’articolo di un giornalista non certo “seduto”, come Attilio Bolzoni, su Repubblica del 31/7/12.
Per motivi di spazio non lo posto integralmente: è relativo alle motivazioni della sentenza con cui il tribunale di Firenze ha condannato all’ergastolo, il 5 ottobre 2011, il boss del Brancaccio Francesco Tagliavia, nel processo per le stragi mafiose del 1993-94 (forse qualcuno se l’è perso…)

Peter ha detto...

...eh sì, litania... la scuola è l'editoriale domenicale di Scalfari ...

Michele ha detto...

No vabbè, dopo questo ultimo commento mi sentirei di escludere che si tratti di Gomez.