martedì 27 novembre 2012

Il nocciolo della questione.

Tra le infinite paginate di commenti sulle primarie il nocciolo della questione la centra Ilvio Diamanti con questa frase:
“Nel Pd occorre fare attenzione a non trasformare la competizione fra i "duellanti" in antagonismo. Renzi e Bersani e, soprattutto, i mondi che si sono aggregati e mobilitati intorno a loro: non debbono diventare alternativi. Ed esclusivi. C'è il rischio, altrimenti, che si elidano a vicenda. E che, invece di favorire la partecipazione larga e paziente di questo periodo, producano disincanto e frammentazione. Divisione.”
Mi ricorda tanto una frase di Scalfari di qualche settimana fa: “se vince Renzi non andrò a votare” che fa il paio con la mia “se vince Bersani non andrò a votare”.

Ad oggi il PD è dato al 32%, aspettiamo il ballottaggio per vedere cosa resterà di questa ottimistica cifra perché sono straconvinta che tutti quelli che hanno scelto Renzi alle primarie non andranno a votare Bersani alle politiche e, viceversa, la stragrande maggioranza di chi ha scelto Bersani alle primarie non andrebbe a votare Renzi alle politiche.

Caro Diamanti la frattura c’è già, ma di questo si parlerà solo da lunedì prossimo.

Ilaria

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Cassandrilaria

Anonimo ha detto...

io voterei tutti e due.
ho scelto bersani per rispetto verso la storia del partito, ma non avrei problemi a scegliere Renzi alle politiche. le alternative sono tutte di gran lunga peggiori.

Michele ha detto...

D'accordissimo con l'utente anonimo: anch'io ho votato per Bersani, e se le primarie dovesse vincerle Renzi, beh, lo voterei, turandomi il naso ma lo voterei. Alternative degne di questo nome non ce ne sono.

ilaria ha detto...

Felicissima di essere smentita.
Comunque il problema sarà piuttosto il contrario.

Michele R. ha detto...

Sul tema Bersani/Renzi oggi un amico blogger:
http://acutocomeunapalla.blogspot.it/2012/11/i-dolori-del-giovane-renzi.html

Frank ha detto...

Domenica sera comincerà l'implosione del Pd. E voleranno gli stracci. D'altra parte basta leggere qua e là le bacheche dei bersaniani duri e puri per rendersi conto che non potranno convivere nello stesso partito con i renziani. Sono presenti un livore, una rabbia che solo tra opposti schieramenti si potrebbero ravvisare. E, se non bastasse, l'avvilente figura della Bindi in tv metterebbe proprio voglia di scegliere Renzi, il quale è invece dotato di un'antipatia connaturata (almeno secondo me), oltre a idee strampalate.
Quanto potranno coesistere assieme non tanto loro due, ma i sostenitori di entrambi?
Sfugge poi l'art. 92 della Costituzione.
"Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri".
Mi pare, dunque, avventato definire il vincitore delle primarie del Pd e quello delle eventuali primarie del Pdl, come candidati alla presidenza del consiglio.

Gabriele ha detto...

Io invece non posso votare. Domenica ero all'estero per i fatti miei, e secondo questi mentecatti io giovedì o venerdì dovrei andare davanti a una commissione, giustificarmi e aspettare che le mie giustificazioni vengano accettate. Devo anche darmi due frustatine? Trovo volgarissima l'idea di dovermi giustificare: non ho votato perché non ho votato, come si permettono?
Tutto questo poi per evitare che vada più gente a votare Renzi (e lo dico da teorico elettore di Bersani). Ma un partito di massa deve attirare elettori, non respingerli o rendergli difficile la partecipazione. Beh che si ingroppino. Se non mi vogliono, domenica non voto e alle politiche non vorrò io loro e voterò Sel

Giorgio ha detto...

Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e i Ministri, ma questo atto non può prescindere dalle indicazioni politiche che provengono dal Parlamento (la nomina infatti è generalmente preceduta dalle consultazioni dei gruppi parlamentari). Pertanto, se dalle elezioni uscisse una maggioranza chiara (fosse anche di 2 parlamentari per camera), il Presidente non potrebbe non tenerne conto. Ovviamente nei momenti di crisi politica il Presidente può prendere in mano la situazione e agire senza consultare previamente i partiti presenti in Parlamento (come nel novembre del 2011), ma questa è appunto una situazione eccezionale. Proprio per questo Giuliano Amato parlava di "fisarmonica" a proposito dei poteri del Capo dello Stato, poiché essi si possono dilatare a seconda delle circostanza in cui egli opera. Questo è avvenuto nell'ultimo anno, ma ciò non toglie che l'Italia sia una repubblica parlamentare e non una repubblica semi-presidenziale (nemmeno in questa, tra l'altro, il Presidente della Repubblica può nominare il primo ministro prescindendo dalla fiducia del Parlamento: Chirac dovette coabitare con Jospin). Che poi la Costituzione non preveda giuridicamente la candidatura alla presidenza del Consiglio è vero, ma ciò non toglie che dalle elezioni esce un'indicazione politica. Anche in Gran Bretagna e in Germania non esistono candidature giuricamente vincolanti alla Premiership o al cancellierato, ma ciò non impedisce che il leader del partito più votato ricopra regolarmente la carica di Primo Ministro o di Cancelliere dopo le elezioni.

Michele R. ha detto...

Ma un partito di massa deve attirare elettori, non respingerli o rendergli difficile la partecipazione.

Su questa osservazione Gabriele ha ragione.

Enrico Maria Porro ha detto...

Il ragionamento (e lo sfogo) di Gabriele non fa una grinza.

nicola ha detto...

sono l'anomimo del commento n°2 (da adesso: nicola).
non vedo tutto questo odio nei confronti di Renzi. Il mio personalissimo sondaggio tra famigliari porta alla conclusione che di Renzi ci si fida poco (chi è? Dove ci vuole portare?).
voteremo comunque per il PD, sia con Tabacci o la Puppato, mentre avrei avuto problemi con Vendola, troppo legato alla sinistra rifondarola e ambientalista che, a mio avviso, produce solo guai.
chiunque proverà a dissolvere il PD dopo le primarie avrà il mio ostracismo perenne, e probabilmente non andrò più a votare se non per le comunali (abito in un piccolo paese, il sindaco conta ancora qualcosa).