martedì 27 gennaio 2015

Ciao Filippo, che la terra ti sia lieve.

Abbiamo appena saputo che stanotte se n'è andato Filippo Azimonti, storico giornalista di Repubblica e tra le colonne della redazione milanese.

Anche oggi, sulla prima del dorso meneghino, appare la sua rubrica  quotidiana 50 anni fa.


Di Filippo ricordiamo il suo bellissimo blog Ipse Dixit sul sito di Repubblica e il suo spazio personale sulla rete che aveva chiamato Milano Memo.

Noi lo avevamo celebrato il 23 giugno del 2013, parlando della sua storica rubrica.

Lo vogliamo salutare con le belle parole del suo amico Maurizio Maggi (da Facebook):
Grande Filippo, fine intellettuale, bravissima persona e ottimo milanista. Sono triste ma spero che lassù ritrovi Guidone Pass The Water e ricomincino a parlare di libri e a farsi qualche partitella a carte. Ciao Filippone.
Il sito di Repubblica ne parla qui.

2 commenti:

Luigi Bolognini ha detto...

La primissima visione quando entrai a "Repubblica": questo orso grigio seduto davanti a una marea di giornali e a un computer sintonizzato sul flusso di notizie Ansa, pronto a spedire un inviato in Veneto o a spiegare meglio di tutti le vicende politiche - interpretazioni di sinistra ma non scioccamente faziose - al giornalista che deve scriverne. Con i luoghi comuni del caso. Iai whiskacci che trangugiava nelle pause pranzo in cui si faceva avvelenare al bar. La presenza in redazione 15 ore al giorno. La finta burberità che in realtà tradiva uno spirito cordiale come pochi. I tic verbali tipo “yezzzz” quando rispondeva al telefono, "decord?" come chiusura delle frasi o chiamare tutti - maschi compresi - "cara".
Insomma pareva il tipico capocronista dei film, e se mi ambientai prestissimo in quella redazione fantastica fu anche grazie a lui. Peraltro con Filippo lavorare male era impossibile, anche perché sentivi che gli avresti inferto un’offesa personale. E trasmetteva sicurezza, anche se c'era una notizia all'ultimo e tu brancolavi lui re-impostava le pagine al volo e magari ti forniva anche il numero giusto da chiamare.
Non è luogo comune dire che era nato per fare questo lavoro. Non si era fatto una propria famiglia anche per questo, e che pur di tenere il naso immerso nei giornali la mattina andava a Radio Popolare a fare la rassegna stampa. Però non era di quei giornalisti autoreferenziali che parlano solo del loro mestiere e del loro settore. Ad esempio era il riferimento di tutti noi non milanesi per la città, ne conosceva a menadito storia e topografia. E quando faceva le vacanze le faceva sul serio, tipo il Saskatchewan, immerso nella natura che tanto amava: se prima l’ho chiamato orso era non solo per la stazza ma anche per la simpatia che aveva per questo animale. Una delle sue passioni, anzi un passatempo per non friggersi il cervello nello stress quotidiano, era monitorare le notizie che parlavano di orsi, e di animali in genere. E se le scambiava con me e altri colleghi tipo figurine di calcio. Lavorare con lui è stato un vero privilegio.

Enrico Maria Porro ha detto...

Caro Luigi, grazie per il tuo bel ricordo di Filippo. Ci facciamo un post, così lo leggono anche i pigri che non spulciano mai tra i commenti del blog.