lunedì 30 giugno 2008
Le cappellate della concorrenza.
Ancora per la serie "Le cappellate della concorrenza". Oggi ne ha fatta una bellissima il Corriere della sera, che addirittura in prima pagina e addirittura nel cassettone sotto la testata prende una stupenda vangata. Fa un titolo su Frank O. Gehry, e non solo lo chiama O. (che sarebbe come parlare di Diego Armando Maradona e scrivere nel titolo A. Maradona), ma soprattutto mette la fotografia di Sidney Pollack. Che a Gehry non somiglia nemmeno un po' (basta vedere la foto all'interno, che è giusta), ma in compenso ha girato un film su di lui. Che sarebbe come parlare di Maradona e mettere una foto di Claudio Risi.
Fabio P.
Il domenicale di Eugenio Scalfari.
Merita una lettura.
Come hanno ridotto noi poveri italiani (di Eugenio Scalfari)
Nel 1972 due giornalisti del Washington Post iniziarono un’inchiesta sui comportamenti del presidente degli Stati Uniti d’America, Nixon, e dell’entourage dei suoi più intimi collaboratori, accusati di aver spiato i loro avversari del Partito democratico. L’inchiesta andò avanti per due anni con una serie di articoli sempre più documentati e sempre più aspri nei confronti del Presidente, supportati da documenti e testimonianze spesso coperte da anonimato. La Casa Bianca cercò in tutti i modi di intimidire l’editore (anzi l’editrice) di quel giornale senza riuscirvi. Due anni dopo, nel 1974, Nixon si dimise dalla carica per evitare l’imminente e ormai inevitabile messa in stato d’accusa da parte del Congresso.
Nel 1998, cioè ventiquattro anni dopo la conclusione del “Watergate”, scoppiò lo scandalo Lewinsky, subito battezzato “Sexygate”. Questa volta il bersaglio fu Bill Clinton, presidente democratico. Il reato non era neppure un reato ma pratiche di sesso orale effettuate ripetutamente nella sala ovale della Casa Bianca. Per mesi e mesi i giornali e le televisioni americane e di tutto il mondo aprirono le loro pagine alle rivelazioni sul sesso orale tra Monica e Bill, i protagonisti furono intervistati decine di volte e così pure Hillary, la moglie del Presidente. La vita privata e le intemperanze sessuali di Clinton furono raccontate nei minimi dettagli. Alla scadenza del mandato il giovane Bush, repubblicano, vinse le elezioni a mani basse.
Nessuno in America propose restrizioni alla libertà di stampa. Casa Bianca e Congresso non vararono alcuna legge che vietasse alcunché alla stampa essendo che, per radicata convinzione degli americani, la vita privata e quella pubblica dei politici sono sempre state sotto il controllo dei “media” senza restrizioni di sorta se non nei casi di diffamatoria e calunniosa non verità.
Poche settimane fa è stato presentato al Festival cinematografico di Cannes il film “Il divo” del regista Sorrentino che si è guadagnato il premio della giuria. Il protagonista è un bravissimo attore italiano che impersona Giulio Andreotti, l’accento complessivo del film è colpevolista anche se non risolve volutamente l’enigma di quell’uomo politico che fu sette volte presidente del Consiglio e fu accusato dai giornali e dai tribunali di ogni genere di nefandezze. Andreotti non ha querelato gli autori del film. Dico di più: Andreotti è stato coinvolto in processi gravissimi, condannato a gravissime pene nei processi di primo grado, poi ridotte o cancellate in appello e definitivamente annullate in Cassazione. Lui non si è mai sottratto ai processi; li ha affrontati e i suoi avvocati l’hanno difeso con tenacia e composta professionalità. Niente a che vedere con il piglio eversivo dell’avvocato Ghedini, difensore di Silvio Berlusconi e redattore delle leggi “ad personam” in favore del suo cliente.
Ricordo qui i casi di Nixon, di Clinton e di Andreotti perché segnano una differenza abissale rispetto al caso Berlusconi. Differenza che riguarda contemporaneamente i protagonisti dei quattro casi, il conformismo della maggior parte della stampa italiana rispetto a quella americana, l’imbambolamento dell’opinione pubblica nostra rispetto alla reattività di quella d’oltreoceano e infine l’incapacità dei parlamentari del centrodestra di distinguere il loro ruolo di membri del potere legislativo dalle insane voglie d’un presidente del Consiglio che si vuole affrancare da ogni controllo istituzionale, giudiziario, politico, mediatico.
* * *
Bisogna tutelare la dignità privata delle persone. Principio sacrosanto. Per tutelarla c’è il codice penale e i previsti reati di calunnia e di diffamazione. Aggravata per mezzo della stampa. Se le pene si ritengono troppo lievi è giusto aggravarle. Se i processi procedono con lentezza si faccia in modo di renderli più veloci. Del resto contro la stampa di solito si procede per “direttissima”.
Per proteggere la dignità dei privati (e anche degli uomini pubblici) occorre che la dignità vi sia. Nixon che usa i suoi poteri di presidente per spiare gli avversari politici non ha dignità. Clinton che si rotola sui tappeti della sala ovale con Monica non ha dignità. Berlusconi che traffica con un dirigente della Rai per collocare veline a lui ben note, favorisce quel medesimo dirigente per sue future iniziative private, negozia accordi collusivi tra Rai e Mediaset con dirigenti del servizio pubblico e perfino con un membro dell’Autorità di controllo delle comunicazioni e che infine usa alcuni di questi suoi poteri per convincere membri del Senato ad abbandonare la maggioranza e passare dalla sua parte, non ha dignità.
Ma ne ha ancora di meno quando ritaglia la sua silhouette di imputato in una legge blocca-processi, che intaserà l’intero sistema giudiziario. Nel contempo manda avanti una legge che faccia da scudo alle quattro alte cariche dello Stato. Il tutto con la connivenza dei presidenti delle Camere i quali consentono che vengano inseriti emendamenti inaccettabili e inammissibili in testi di decreto approvati dal presidente della Repubblica.
Giorgio Napolitano ha ben presente il suo ruolo “super partes” anche se le iniziative scriteriate del “premier” rendono sempre più stretto il suo spazio di mediazione. Ma si può star certi che userà i poteri di sua competenza se, nel momento in cui il disegno di legge sull’immunità delle alte cariche dello Stato sarà presentato in Parlamento e calendarizzato, la maggioranza non ritirerà l’emendamento blocca-processi inserito surrettiziamente nel decreto legge sulla sicurezza. Si può star certi che il capo dello Stato rinvierà alle Camere una legge che contenesse quell’emendamento sciagurato, inserito a sua insaputa e non bloccato come sarebbe stato suo stretto dovere dal presidente del Senato. Non già per incostituzionalità, ma per mancanza dei requisiti di urgenza. Della costituzionalità dovrà occuparsi la Corte quando sarà chiamata in causa, sia per la legge sulla sicurezza sia per l’immunità delle alte cariche e per la durata di quel privilegio immunitario.
Un collega cui non manca il talento ma che sta soffrendo (così mi sembra) d’un preoccupante prolasso di moralità deontologica, ha scritto di recente della necessità di concedere a Berlusconi una sorta di salvacondotto giudiziario; solo così, a suo avviso, si potrà risolvere l’anomalia italiana. Naturalmente chi dovrebbe prendersi carico di questa delicata operazione dovrebbe essere l’opposizione che metterebbe così le basi per affermarsi e legittimarsi di fronte alla pubblica opinione.
Favorire le scelleratezze (o le mattane) politiche d’un imputato assurto ai vertici del potere per acquistare credito da una pubblica opinione in larga misura cloroformizzata: è vero che il cinismo è di moda in politica, ma non dovrebbe spadroneggiare anche nei “media”. Invece spadroneggia eccome! Questo del salvacondotto è un culmine da primato.
* * *
Lo confesso: ho un debole per la Marcegaglia. È chiara, decisa, dice sì sì, no no. Una capigliatura ondosa. Una femminile virilità. La sua ricetta è meno tasse, meno spese, salari agganciati alla produttività. Il programma di Berlusconi e anche di Tremonti, ma con qualche variante di non piccolo rilievo.
Prima variante: di diminuire le tasse non se ne parlerà fino al 2013. Avevano promesso di portare la pressione fiscale dal 43 al 40 per cento, ma ora che i voti li hanno avuti ci informano che nel 2013 la pressione fiscale sarà del 42,90. È contenta la Marcegaglia? Mi piacerebbe saperlo ma lei di queste cose non parla anche se su questo punto hanno fatto il diavolo a quattro ai tempi di Padoa-Schioppa e di Visco. Loro almeno i soldi li prendevano agli evasori e a Confindustria hanno dato cinque punti in meno di Irap e Ires. Tremonti l’Ires l’ha già riportata al livello originario, cinque punti e mezzo in più. È contenta signora? Lo dica, sì sì, no no, non muore nessuno. Qualcuno veramente ci lascia la pelle per uno straccio di contratto precario o in nero. Non dovreste espellerli da Confindustria quelli che assumono in nero?
Le spese. Tagliare gli sprechi va bene. Continuità con Padoa-Schioppa. L’Ufficio studi della Confindustria l’ha onestamente ricordato: continuità. Ma Tremonti non taglia solo le spese intermedie, taglia tutto. Tremonti è bravo. Ma lei, gentile Emma, constata con molto disappunto che la crescita nel 2008 sarà zero e nel 2009, se va bene, salirà allo 0,6. Andiamo di lusso. Con l’inflazione al 3,6 e per energia e alimentari al 5,5.
Crescita zero. Investimenti sotto zero. Taglio di spese deflatorio. Però due miliardi buttati per l’Ici. Trecento milioni buttati per Alitalia, che stanno per diventare un milione e mezzo se Banca Intesa darà il disco verde. Sommiamo queste cifre e aggiungiamoci l’elemosina dei 500 milioni “una tantum” ai pensionati poveri. Sono già quattro miliardi buttati dalla finestra. Però niente aumento dei salari se non aumenta la produttività.
Ma i suoi industriali, gentile Marcegaglia, loro per la produttività non è che abbiano fatto miracoli. Salvo il costo del lavoro da comprimere. Prodotti nuovi? Non se ne parla. Ricerca? Idem. Intanto crolla la Borsa. Non è colpa sua, signora Emma, né di Tremonti, né di Draghi. Però crolla. Trichet alzerà i tassi mentre la Fed li abbasserà. Chi ha ragione? Forse Draghi dovrebbe esprimersi e forse anche Tremonti e magari anche Confindustria.
Berlusconi è esentato. Lui si occupa di processi con Ghedini, di militari in strada con La Russa e di schedatura dei “rom” con Maroni. Ha ragione quel genio di Altan sull’ultimo numero dell’Espresso: una donnina con le labbra rosse e gli occhi pensierosi dice: “Ho paura ma non so di che cosa”. Gli italiani li avete ridotti così.
Fonte : La Repubblica (29 giugno 2008)
Come hanno ridotto noi poveri italiani (di Eugenio Scalfari)
Nel 1972 due giornalisti del Washington Post iniziarono un’inchiesta sui comportamenti del presidente degli Stati Uniti d’America, Nixon, e dell’entourage dei suoi più intimi collaboratori, accusati di aver spiato i loro avversari del Partito democratico. L’inchiesta andò avanti per due anni con una serie di articoli sempre più documentati e sempre più aspri nei confronti del Presidente, supportati da documenti e testimonianze spesso coperte da anonimato. La Casa Bianca cercò in tutti i modi di intimidire l’editore (anzi l’editrice) di quel giornale senza riuscirvi. Due anni dopo, nel 1974, Nixon si dimise dalla carica per evitare l’imminente e ormai inevitabile messa in stato d’accusa da parte del Congresso.
Nel 1998, cioè ventiquattro anni dopo la conclusione del “Watergate”, scoppiò lo scandalo Lewinsky, subito battezzato “Sexygate”. Questa volta il bersaglio fu Bill Clinton, presidente democratico. Il reato non era neppure un reato ma pratiche di sesso orale effettuate ripetutamente nella sala ovale della Casa Bianca. Per mesi e mesi i giornali e le televisioni americane e di tutto il mondo aprirono le loro pagine alle rivelazioni sul sesso orale tra Monica e Bill, i protagonisti furono intervistati decine di volte e così pure Hillary, la moglie del Presidente. La vita privata e le intemperanze sessuali di Clinton furono raccontate nei minimi dettagli. Alla scadenza del mandato il giovane Bush, repubblicano, vinse le elezioni a mani basse.
Nessuno in America propose restrizioni alla libertà di stampa. Casa Bianca e Congresso non vararono alcuna legge che vietasse alcunché alla stampa essendo che, per radicata convinzione degli americani, la vita privata e quella pubblica dei politici sono sempre state sotto il controllo dei “media” senza restrizioni di sorta se non nei casi di diffamatoria e calunniosa non verità.
Poche settimane fa è stato presentato al Festival cinematografico di Cannes il film “Il divo” del regista Sorrentino che si è guadagnato il premio della giuria. Il protagonista è un bravissimo attore italiano che impersona Giulio Andreotti, l’accento complessivo del film è colpevolista anche se non risolve volutamente l’enigma di quell’uomo politico che fu sette volte presidente del Consiglio e fu accusato dai giornali e dai tribunali di ogni genere di nefandezze. Andreotti non ha querelato gli autori del film. Dico di più: Andreotti è stato coinvolto in processi gravissimi, condannato a gravissime pene nei processi di primo grado, poi ridotte o cancellate in appello e definitivamente annullate in Cassazione. Lui non si è mai sottratto ai processi; li ha affrontati e i suoi avvocati l’hanno difeso con tenacia e composta professionalità. Niente a che vedere con il piglio eversivo dell’avvocato Ghedini, difensore di Silvio Berlusconi e redattore delle leggi “ad personam” in favore del suo cliente.
Ricordo qui i casi di Nixon, di Clinton e di Andreotti perché segnano una differenza abissale rispetto al caso Berlusconi. Differenza che riguarda contemporaneamente i protagonisti dei quattro casi, il conformismo della maggior parte della stampa italiana rispetto a quella americana, l’imbambolamento dell’opinione pubblica nostra rispetto alla reattività di quella d’oltreoceano e infine l’incapacità dei parlamentari del centrodestra di distinguere il loro ruolo di membri del potere legislativo dalle insane voglie d’un presidente del Consiglio che si vuole affrancare da ogni controllo istituzionale, giudiziario, politico, mediatico.
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Bisogna tutelare la dignità privata delle persone. Principio sacrosanto. Per tutelarla c’è il codice penale e i previsti reati di calunnia e di diffamazione. Aggravata per mezzo della stampa. Se le pene si ritengono troppo lievi è giusto aggravarle. Se i processi procedono con lentezza si faccia in modo di renderli più veloci. Del resto contro la stampa di solito si procede per “direttissima”.
Per proteggere la dignità dei privati (e anche degli uomini pubblici) occorre che la dignità vi sia. Nixon che usa i suoi poteri di presidente per spiare gli avversari politici non ha dignità. Clinton che si rotola sui tappeti della sala ovale con Monica non ha dignità. Berlusconi che traffica con un dirigente della Rai per collocare veline a lui ben note, favorisce quel medesimo dirigente per sue future iniziative private, negozia accordi collusivi tra Rai e Mediaset con dirigenti del servizio pubblico e perfino con un membro dell’Autorità di controllo delle comunicazioni e che infine usa alcuni di questi suoi poteri per convincere membri del Senato ad abbandonare la maggioranza e passare dalla sua parte, non ha dignità.
Ma ne ha ancora di meno quando ritaglia la sua silhouette di imputato in una legge blocca-processi, che intaserà l’intero sistema giudiziario. Nel contempo manda avanti una legge che faccia da scudo alle quattro alte cariche dello Stato. Il tutto con la connivenza dei presidenti delle Camere i quali consentono che vengano inseriti emendamenti inaccettabili e inammissibili in testi di decreto approvati dal presidente della Repubblica.
Giorgio Napolitano ha ben presente il suo ruolo “super partes” anche se le iniziative scriteriate del “premier” rendono sempre più stretto il suo spazio di mediazione. Ma si può star certi che userà i poteri di sua competenza se, nel momento in cui il disegno di legge sull’immunità delle alte cariche dello Stato sarà presentato in Parlamento e calendarizzato, la maggioranza non ritirerà l’emendamento blocca-processi inserito surrettiziamente nel decreto legge sulla sicurezza. Si può star certi che il capo dello Stato rinvierà alle Camere una legge che contenesse quell’emendamento sciagurato, inserito a sua insaputa e non bloccato come sarebbe stato suo stretto dovere dal presidente del Senato. Non già per incostituzionalità, ma per mancanza dei requisiti di urgenza. Della costituzionalità dovrà occuparsi la Corte quando sarà chiamata in causa, sia per la legge sulla sicurezza sia per l’immunità delle alte cariche e per la durata di quel privilegio immunitario.
Un collega cui non manca il talento ma che sta soffrendo (così mi sembra) d’un preoccupante prolasso di moralità deontologica, ha scritto di recente della necessità di concedere a Berlusconi una sorta di salvacondotto giudiziario; solo così, a suo avviso, si potrà risolvere l’anomalia italiana. Naturalmente chi dovrebbe prendersi carico di questa delicata operazione dovrebbe essere l’opposizione che metterebbe così le basi per affermarsi e legittimarsi di fronte alla pubblica opinione.
Favorire le scelleratezze (o le mattane) politiche d’un imputato assurto ai vertici del potere per acquistare credito da una pubblica opinione in larga misura cloroformizzata: è vero che il cinismo è di moda in politica, ma non dovrebbe spadroneggiare anche nei “media”. Invece spadroneggia eccome! Questo del salvacondotto è un culmine da primato.
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Lo confesso: ho un debole per la Marcegaglia. È chiara, decisa, dice sì sì, no no. Una capigliatura ondosa. Una femminile virilità. La sua ricetta è meno tasse, meno spese, salari agganciati alla produttività. Il programma di Berlusconi e anche di Tremonti, ma con qualche variante di non piccolo rilievo.
Prima variante: di diminuire le tasse non se ne parlerà fino al 2013. Avevano promesso di portare la pressione fiscale dal 43 al 40 per cento, ma ora che i voti li hanno avuti ci informano che nel 2013 la pressione fiscale sarà del 42,90. È contenta la Marcegaglia? Mi piacerebbe saperlo ma lei di queste cose non parla anche se su questo punto hanno fatto il diavolo a quattro ai tempi di Padoa-Schioppa e di Visco. Loro almeno i soldi li prendevano agli evasori e a Confindustria hanno dato cinque punti in meno di Irap e Ires. Tremonti l’Ires l’ha già riportata al livello originario, cinque punti e mezzo in più. È contenta signora? Lo dica, sì sì, no no, non muore nessuno. Qualcuno veramente ci lascia la pelle per uno straccio di contratto precario o in nero. Non dovreste espellerli da Confindustria quelli che assumono in nero?
Le spese. Tagliare gli sprechi va bene. Continuità con Padoa-Schioppa. L’Ufficio studi della Confindustria l’ha onestamente ricordato: continuità. Ma Tremonti non taglia solo le spese intermedie, taglia tutto. Tremonti è bravo. Ma lei, gentile Emma, constata con molto disappunto che la crescita nel 2008 sarà zero e nel 2009, se va bene, salirà allo 0,6. Andiamo di lusso. Con l’inflazione al 3,6 e per energia e alimentari al 5,5.
Crescita zero. Investimenti sotto zero. Taglio di spese deflatorio. Però due miliardi buttati per l’Ici. Trecento milioni buttati per Alitalia, che stanno per diventare un milione e mezzo se Banca Intesa darà il disco verde. Sommiamo queste cifre e aggiungiamoci l’elemosina dei 500 milioni “una tantum” ai pensionati poveri. Sono già quattro miliardi buttati dalla finestra. Però niente aumento dei salari se non aumenta la produttività.
Ma i suoi industriali, gentile Marcegaglia, loro per la produttività non è che abbiano fatto miracoli. Salvo il costo del lavoro da comprimere. Prodotti nuovi? Non se ne parla. Ricerca? Idem. Intanto crolla la Borsa. Non è colpa sua, signora Emma, né di Tremonti, né di Draghi. Però crolla. Trichet alzerà i tassi mentre la Fed li abbasserà. Chi ha ragione? Forse Draghi dovrebbe esprimersi e forse anche Tremonti e magari anche Confindustria.
Berlusconi è esentato. Lui si occupa di processi con Ghedini, di militari in strada con La Russa e di schedatura dei “rom” con Maroni. Ha ragione quel genio di Altan sull’ultimo numero dell’Espresso: una donnina con le labbra rosse e gli occhi pensierosi dice: “Ho paura ma non so di che cosa”. Gli italiani li avete ridotti così.
Fonte : La Repubblica (29 giugno 2008)
domenica 29 giugno 2008
Enrico Currò: anda e rianda.
Enrico Currò, che qualche giorno fa aveva lasciato la Svizzeraustria per tornare in Italia a seguire le vicissitudini di Donadoni, ieri è tornato agli europei per commentare la finale tra Spagna e Germania.
In effetti ci sembrava strano che Currò lasciasse fare tutto a Sorrentino...
In effetti ci sembrava strano che Currò lasciasse fare tutto a Sorrentino...
sabato 28 giugno 2008
Europei di calcio: Mura a casa. Per la finale restano Crosetti, Gamba e Sorrentino.
Anche Gianni Mura è tornato a casa. Oggi infatti ha commentato la semifinale Spagna-Russia da Milano.
Quindi in Svizzeraustria, per la finalissima, rimangono in tre: Maurizio Crosetti (farà le pagelle dei tedeschi?), Andrea Sorrentino (la cronaca?) ed Emanuele Gamba (pagelle iberiche?).
Ci riaggiorniamo lunedì. Buon fine settimana a tutti i feticisti.
Quindi in Svizzeraustria, per la finalissima, rimangono in tre: Maurizio Crosetti (farà le pagelle dei tedeschi?), Andrea Sorrentino (la cronaca?) ed Emanuele Gamba (pagelle iberiche?).
Ci riaggiorniamo lunedì. Buon fine settimana a tutti i feticisti.
venerdì 27 giugno 2008
Il Venerdì di Repubblica: gli errori si pagano caro.
Mi scrive Andrew a proposito de Il Venerdì in edicola oggi (più caro di 20 centesimi rispetto a prima):
"A pagina 152 c'è la presentazione de "I soliti ignoti" ma la foto che l' accompagna è sbagliata.
Si vede Nino Manfredi e quindi vuol dire che si tratta de "L'audace colpo dei soliti ignoti" di Nanni Loy e non del primo".
"A pagina 152 c'è la presentazione de "I soliti ignoti" ma la foto che l' accompagna è sbagliata.
Si vede Nino Manfredi e quindi vuol dire che si tratta de "L'audace colpo dei soliti ignoti" di Nanni Loy e non del primo".
Il venerdì delle sorprese.
Oggi, come tutti i venerdì da un po' di tempo a questa parte, vado dal mio edicolante di fiducia con un euro e trenta contate per comperare Repubblica + Il Venerdì.
Il mio edicolante: "Da oggi è un euro e 50, è aumentato...".
E io: "Aspetti che vado in macchina a prendere 20 centesimi..."
Alzi la mano chi lo sapeva.
Crosettismi europei.
Maurizio Crosetti parla di Fatih Terim (nella foto in un immagine di quando giocava nel Galatasaray).
"Mostrando due clamorosi laghi alpini sotto le ascelle, alla fine Fatih Terim alza comunque le braccia per salutare e applaudire il grande sogno."
Grazie alla nazionale russa, Coen torna a scrivere di calcio.
Leonardo Coen, milanista doc che vive a Mosca per colpa di Repubblica, ringrazierà la nazionale russa che con le sue imprese all'europeo gli ha permesso di (ri)scrivere un pezzo di calcio. Quello che racconta dei festeggiamenti dei moscoviti sulla Piazza Rossa.
Europei: Sannucci a casa. Crosetti, Gamba e Sorrentino (e Mura?) ancora in Svizzeraustria.
Corrado Sannucci è rientrato in Italia.
Sorrentino, Crosetti e Gamba hanno scritto ancora oggi pezzi dagli Europi. E Mura? E' tornato e commenterà la finale da Milano?
E ancora su Mura: andrà al Tour quest'anno o no?
giovedì 26 giugno 2008
Crosettismi europei.
Maurizio Crosetti parla della Turchia (prima della sconfitta coi tedeschi):
"Perchè i giocatori turchi sono persone a forma di tempi supplementari".
Europei: Currò, Moresco e Bocca a casa!
Una cosa è certa: Enrico Currò, Gianluca Moresco e Fabrizio Bocca sono tornati a casa.
I primi due in particolare pagano lo scotto di dover seguire le sorti di Donadoni e degli azzurri e quindi per scriverne hanno dovuto abbandonare la Svizzeraustria.
mercoledì 25 giugno 2008
Un mese senza italiani.
Dal blog di Maurizio Crosetti:
Senza
Un mese a Zurigo, Vienna e dintorni senza suv in doppia o tripla fila davanti alle gelaterie, un mese senza mentecatti che urlano i fatti loro nei telefonini, senza treni in cui per colpa degli stessi mentecatti è ormai impossibile leggere o riposare, senza gente firmata dalla testa ai piedi, senza happy hour, senza spintoni per salire o scendere dai tram, senza clacson che suonano appena scatta il verde, senza calendari e speciali moda, senza la nostra televisione, senza il frastuono come sottofondo quotidiano, senza vedere certe facce, senza ascoltare certi discorsi, un mese senza italiani.
Bergamo, la città dei sette colli.
Per la serie "Le bufale della concorrenza", oggi il Corriere ha mandato il suo camper a Bergamo. E ha scritto che Bergamo sarebbe la "città dei sette colli". Giusto: Palatino, Aventino, Quirinale... No, quella era un'altra.
Fabio P.
Una pagella da bocciare.
Ai lettori più attenti di Repubblica, saranno balzati subito agli occhi i due clamorosi errori grafici sulle pagelle di Italia-Spagna di Corrado Sannucci.
(Se cliccate sulla foto la vedrete ingrandita e scoprirete così anche voi le due cappellate).
Corrado non c'entra nulla, ovviamente.
Un miliardo di euro.
Sbagliare facendo il copia e incolla dalle agenzie è difficile.
Ma Repubblica.it ce l'ha fatta.
Oggi un incazzato Veltroni ha spiegato che il buco finanziario a Roma non esiste, e che la Notte bianca costa un milione di euro. Lo dicono tutte le agenzie. Mentre il sito di Repubblica spiega che la Notte bianca costa nientemeno che "un miliardo di euro".
Dopo averlo letto, Veltroni si sarà incazzato ancora di più.
Si spera che per il pezzo di domani sul giornale qualcuno abbia rifatto i conti.
Fabio P.
Ovviamente a repubblica.it se ne sono accorti e l'hanno corretto.
Milan Kundera in prima su Repubblica: solo noi ce l'abbiamo.
Vi proponiamo la versione integrale del pezzo apparso oggi in prima pagina a firma di Milan Kundera:
Praga 68. La settimana che ci cambiò per sempre (di Milan Kundera)
“Ci sono paesi che vantano le loro conquiste e paesi che invece possono vantarsi per non aver mai conquistato niente e nessuno” Era il 24 agosto ed ero a casa del padre di un mio amico. Da lontano si sentiva sparare, sul tavolo c´era una radiolina accesa; e io guardavo distrattamente l´antica biblioteca di casa, finché alla fine ho tirato fuori un libro scritto nel 1633 da Pavel Stránsky: Sullo Stato ceco. E ho letto: «Se si domanda a un esperto di questioni ceche se i paesi cechi siano un alleato per scelta contrattuale dell´impero tedesco, oppure un paese feudale e vassallo, egli sosterrà con fermezza che i paesi cechi sono amici dei tedeschi, uniti a loro da antichissima alleanza, più che loro servitori o protetti». (…)
Gli spari oltre le finestre riportavano la mia attenzione al momento presente, mentre le frasi di Pavel Stránsky mi sospingevano tra le braccia della storia ceca, riportandomi alla sua infinita lontananza, avvertendomi però che continuiamo a vivere sempre la stessa storia nazionale, con la sua «eterna» problematica, con l´incessante conflitto tra alleanza e sovranità, con una sovranità ricercata costantemente e non raggiunta e la lotta continua per ottenerla, e che quindi i colpi che sentivo non erano solo un fulmine a ciel sereno, uno choc, un´assurdità: in essi non faceva altro che realizzarsi, ancora una volta, l´antichissimo destino ceco. (…)
Quest´agosto ha gettato una luce nuova su tutta la nostra storia. Non che lo scetticismo sul carattere ceco sia venuto meno, ma è stato integrato da un altro punto di vista, di segno opposto: sì, la nazione ceca ha oramai perduto la continuità diretta con l´eroica tradizione della mazza ferrata di Zizka ma, oltre a questo, l´hussitismo sta a significare che la tradizione di un popolo nel quale «ogni vecchietta conosce le Sacre Scritture meglio di un prete italiano» è di casa ancora oggi, e questa tradizione, da noi, vuol dire istruzione e spirito riflessivo.
Sì, il risorgimento ceco, invece della grande politica, ha conosciuto solo la spicciola educazione popolare; per esso l´arma principale della lotta nazionale erano il teatro amatoriale, le canzoni e i versi; sì, l´arte ceca è stata aggiogata al carro traballante dell´educazione nazionale, ma è anche vero che in questo modo il popolo ceco, fin dall´inizio della sua nuova esistenza, è stato legato alla cultura in modo fatale come pochi popoli europei, tanto che in questa metà dell´Europa è il popolo di gran lunga più pensante e istruito che non si lascia infinocchiare da nessuna propaganda da quattro soldi.
Sì, è vero che la nazione ceca nel secolo scorso è rimasta ai margini dei grandi conflitti europei; ma è vero pure che a quel tempo è riuscita a fare una cosa enorme: da popolazione semianalfabeta, seminazionalizzata, si è trasformata di nuovo in nazione europea, e contro i tentativi continui di germanizzazione, contro le intenzioni del potere cui era sottomessa, da allora è capace di dare il meglio di sé proprio quando i tempi sono più sfavorevoli.
Sì, è vero che la nazione ceca non si distingue per eroico spirito romantico, ma è vero pure che il rovescio di questa mancanza di romanticismo e di eroismo consiste nella sobrietà intellettuale, nel senso dell´umorismo e nello spirito critico con cui essa guarda anche a se stessa, tanto da essere una delle nazioni meno scioviniste d´Europa. Se il suo orgoglio nazionale si solleva sdegnato, vuol dire che ha subito un´offesa terribile; vuol dire che la sua indignazione non è fugace e di breve durata, ma caparbia come può esserlo solo l´intelletto.
Vedo la mansarda di un palazzetto parigino, sento la voce di Aragon piena di rabbia, una voce che maledice il sopruso; vedo la faccia di Aragon piena di angoscia per i destini del mio paese e sento poi le mie parole che ripetono più volte: «È stata la settimana più bella che abbiamo mai vissuto». Ho paura che questa affermazione a Parigi sia risuonata assurda e strana, ma i miei compatrioti mi capiranno. E stata infatti una settimana in cui la nazione ha visto all´improvviso la propria grandezza, una grandezza nella quale ormai non sperava proprio più.
Mi viene in mente, ripensando a Parigi, una piccola trattoria nel quartiere latino, dove ho pranzato con Carlos Fuentes, ottimo scrittore messicano, mio coetaneo. Fuentes mi ha chiesto se sapevo che i cechi in Messico sono guardati con molta simpatia. Mi ha poi raccontato che, alla metà del secolo scorso, tre potenze europee, che non gradivano la politica liberale del presidente Juárez, inviarono in Messico degli eserciti di occupazione, e che i reparti cechi che vi arrivarono con l´esercito austriaco si rifiutarono di partecipare all´occupazione di un paese progressista. Molti cechi restarono in Messico e poiché tra loro c´erano parecchi musicisti, la vita musicale messicana si arricchì tanto che il loro ricordo è ancora oggi circondato dalla gloria.
Perché c´è la gloria dei conquistatori e c´è la gloria di quelli che, nella loro storia, conquistatori non sono mai stati. C´è la superbia delle nazioni che si gloriano delle campagne dei loro Napoleoni e dei loro Suvorov e c´è l´orgoglio delle nazioni che non hanno mai esportato quella brutalità. C´è la mentalità delle superpotenze e c´è la mentalità delle piccole nazioni. Una grande nazione vede la propria esistenza e la propria importanza internazionale garantite automaticamente dal semplice numero dei suoi abitanti. Una grande nazione non si tormenta interrogandosi sul motivo e sulla legittimità della propria esistenza: c´è e continua ad esserci con un´ovvietà schiacciante. Si fonda sulla propria grandezza e non di rado se ne inebria come se fosse di per sé un valore.
Invece una piccola nazione, se ha una qualche importanza nel mondo, deve ricrearla ogni giorno e senza sosta. Nel momento in cui smette di creare valori, perde la legittimità della propria esistenza e alla fine, forse, cesserà anche di esistere perché è fragile e può essere distrutta. In essa, la creazione di valori è legata alla questione dell´esistenza, e questo probabilmente è il motivo per cui la creazione (culturale ed economica), di solito, nelle piccole nazioni (forse a partire già dalle antiche città greche) è molto più intensa che nei grandi imperi.
La coscienza della grandezza, della quantità, dell´indistruttibilità, permea interamente i sentimenti delle grandi nazioni: tutte hanno dentro di sé un frammento di quella «superbia della quantità», tutte hanno la tendenza a vedere nella propria grandezza una predestinazione alla salvezza del mondo, tutte sono inclini a scambiare se stesse per il mondo, la propria cultura per la cultura del mondo, e perciò, di solito, sono estroverse in politica (orientate verso le lontane sfere della loro influenza), ma al tempo stesso molto egocentriche per quanto riguarda la cultura. Ah, povere grandi nazioni! La porta che si apre sull´umanità è angusta e voi ci passate a stento.
Credo nella grande missione storica delle piccole nazioni nel mondo di oggi, lasciato in balìa di superpotenze che desiderano allinearlo e livellarlo a propria misura. Le piccole nazioni, ricercando e costruendo continuamente la propria fisionomia, lottando per le proprie peculiarità, si preoccupano nello stesso tempo che l´intero globo terrestre resista ai terribili influssi all´uniformità, che risplenda la varietà delle tradizioni e dei modi di vivere, che in esso l´individualità umana, il miracoloso e la singolarità possano essere di casa.
Sì, sono convinto della missione delle piccole nazioni. Sono convinto che un mondo in cui la voce dei guatemaltechi, degli estoni, dei vietnamiti o dei danesi venisse sentita quanto quella degli americani, dei cinesi o dei russi, sarebbe un mondo migliore e meno triste. So pure, però, che per le piccole nazioni è insidioso e difficile. Hanno i loro periodi di letargo e, a differenza delle grandi nazioni, ogni loro assopimento comporta il pericolo di non risvegliarsi. Il pensiero che anche la nazione ceca stesse di nuovo decidendo se vivere o tirare a campare, se essere o non essere, mi si è imposto fastidiosamente anni fa, quando mi sono reso conto di come una politica poco illuminata soffocasse la vita ceca e facesse precipitare la cultura ceca al livello insignificante di una provincia europea. Mi è tornata in mente l´acuta domanda di Schauer: ma è propria valsa la pena di ricollocare la nostra piccola nazione al centro dell´Europa? Quali valori apporta e intende apportare all´umanità?
Quando ho pronunciato questa domanda, nell´estate del 1967, dalla tribuna del Congresso degli Scrittori, non immaginavo con quale drammaticità le avrebbe risposto l´intera Cecoslovacchia l´anno seguente. Il tentativo di creare finalmente (e per la prima volta nella sua storia mondiale) un socialismo privo dell´onnipotenza della polizia segreta, con la libertà della parola scritta e parlata, con un´opinione pubblica che viene ascoltata e con una politica che si appoggia ad essa, con una cultura moderna che si sviluppa liberamente e con uomini finalmente liberi dalla paura, è stato un tentativo con cui i cechi e gli slovacchi per la prima volta dalla fine del Medioevo si sono posti di nuovo al centro della storia e hanno rivolto al mondo il loro appello.
Questo appello non si fondava su una presunta volontà dei cecoslovacchi di sostituire il modello di socialismo esistente con un altro modello altrettanto autoritario ed esportabile. Un messianismo del genere è estraneo alla mentalità di una piccola nazione. Il senso dell´appello cecoslovacco stava in qualcos´altro: mostrare quali immense potenzialità democratiche siano tuttora trascurate nel progetto sociale socialista, e mostrare che queste potenzialità si possono sviluppare solo se si libera pienamente l´originalità politica di ogni singola nazione.
L´appello cecoslovacco continua ad essere valido. Senza di esso il XX secolo non sarebbe più il XX secolo. Senza di esso il mondo di domani sarebbe un mondo diverso da quello che sarà. Il significato della nuova politica cecoslovacca aveva una portata troppo grande per non incontrare resistenze. Il conflitto, naturalmente, è stato più duro di quanto immaginassimo, e la prova attraverso cui è passata la nuova politica è stata atroce. Ma io mi rifiuto di chiamarla una catastrofe nazionale, come adesso fa comunemente la nostra opinione pubblica, piuttosto lamentosa. Oso addirittura dire, a dispetto dell´opinione corrente, che forse il significato dell´Autunno cecoslovacco è perfino superiore al significato della Primavera cecoslovacca.
È successo infatti qualcosa che nessuno si aspettava: la nuova politica ha retto al terribile conflitto. Ha fatto un passo indietro, è vero, ma non si è disgregata. Non ha ripristinato il regime poliziesco; non ha accettato l´incatenamento dottrinario della vita intellettuale, non ha rinnegato se stessa, non ha tradito i propri princìpi, non ha perduto i propri uomini; non solo non ha perduto il sostegno dell´opinione pubblica, ma, proprio nel momento in cui c´era un pericolo mortale, ha cementato dietro di sé l´intera nazione, in quanto era interiormente più forte di quanto non fosse prima di agosto. E ancora: se i suoi rappresentanti politici devono contare sulle possibilità che al momento ci sono, vasti strati della nazione, specialmente i giovani, conservano dentro di sé, in tutta la loro intransigente interezza, la coscienza degli obiettivi di prima di agosto. E c´è in questo una speranza immensa per il futuro. E non per quello remoto, ma per quello prossimo.
Ma che cosa succederà se la nuova politica continuerà a fare passi indietro, fino a diventare, senza che neppure ce ne accorgiamo, una politica vecchia? Che cosa succederà se la dichiarata provvisorietà del passo indietro diventerà una provvisorietà di decine di anni? È evidente che non è garantito da nessuna parte che il 1968 in futuro non verrà rovinato e vanificato. Ma una persona o, in generale, l´umanità hanno mai avuto garanzie? Ha mai avuto garanzie la nazione ceca, condannata, per ricordare ancora Pavel Stránsky, a vivere in amicizia con il leone? Non sono forse secoli che essa cammina sull´incerta passerella tra sovranità e sottomissione, tra universalità e provincialismo, tra l´essere e il non essere? (…)
Quando, all´inizio di settembre, il quintetto dei nostri uomini di Stato ha emesso un comunicato nel quale si invitavano i cecoslovacchi all´estero a ritornare, garantendo loro completa sicurezza, ho sentito da alcuni l´obiezione: ma come pensano di garantire la nostra sicurezza, se non sono in grado di garantire neppure la loro?
Non condanno nessuno di coloro che hanno deciso di vivere all´estero, sostengo che ciascuno ha il diritto di vivere dove vuole, protesto solo nei confronti di questa argomentazione, che manca di qualsiasi nobiltà: davvero un cittadino ceco non è in grado di rischiare quello che rischia un suo uomo di Stato? Davvero è capace di vivere solo al di fuori del rischio? La misura di una relativa certezza per tutti non dipende forse proprio da quante persone hanno il coraggio di restare al proprio posto nell´incertezza?
Nel patriottismo ceco ho sempre ammirato la sobrietà dello sguardo. Già i patrioti risorgimentali si rendevano conto di tutto lo svantaggio che derivava dal destino di essere ceco, e capivano che il risveglio della nazione ceca non era solo un compito, ma anche un problema. Il più grande patriota ceco, Masaryk, iniziò il suo percorso distruggendo le illusioni e i miti patriottici, ed è significativo che abbia intitolato il suo libro La questione ceca. Alle radici del patriottismo ceco non c´è il fanatismo, ma lo spirito critico, ed è questo che ammiro della mia nazione e che me la fa amare.
Solo che lo spirito critico ceco oggi ha due forme. In una, diventa un vizio che rifiuta qualunque speranza e approva tutte le disperazioni: è lo spirito dei deboli degenerato in puro e semplice pessimismo che costituisce il clima ideale per preparare la sconfitta.
C´è poi il vero spirito critico, che sa smascherare le illusioni e le presunte certezze, ma al tempo stesso ha un´estrema sicurezza di sé, perché sa di essere una forza, un valore, un potere su cui si può costruire il futuro. Questo senso critico, che prima ha suscitato la Primavera cecoslovacca e poi in Autunno ha resistito agli attacchi delle menzogne e dell´irrazionalità, non è la proprietà di un´élite ma, come si è dimostrato, è la più grande virtù di tutta la nazione. Una nazione che ha questo dono ha tutto il diritto di entrare nelle incertezze del prossimo anno con piena fiducia in se stessa. Alla fine del 1968, ne ha diritto più che mai.
Milan Kundera, Copyright Literární Noviny e, per la traduzione italiana, Lettera Internazionale
Traduzione dal ceco di Dario Massimi
Fonte: La Repubblica
Romagnolismi europei.
Straordinario pezzo di Gabriele Romagnoli sul probabile ritorno di Marcello Lippi sulla panchina della nazionale. Il pezzo, che più sotto vi proponiamo per intero, contiene un romagnolismo d'annata. Eccolo:
"Lippi non è una minestra riscaldata, ma una seconda porzione del piatto migliore sul menù. "
Ecco il pezzo integrale:
Tutti in piedi per il Lippi-bis ecco il Paese dei grandi remake
Repubblica — 24 giugno 2008
E così s' annuncia un Lippi-bis. Sia detto con rispetto (che è tanto) per il ct del Mondiale, ma ci travolge lo stesso entusiasmo di quando scoccava l' inevitabile ora di un esecutivo Andreotti, del ritorno di Berlusconi o Prodi, della necessità di riaffidare il Festival di Sanremo a Pippo Baudo, il sabato sera a Raffaella Carrà, il tg1 a Albino Longhi. C' è qualcosa di più che imperfetto, nel particolare e nel generale, in questa fuga verso il passato progettata con accanimento fin dal giorno successivo alle dimissioni di Berlino. Il difetto particolare è presto detto: il percorso netto di Lippi rinuncia alla precisione della traiettoria. Arrivato alla nazionale aveva sbagliato, si era corretto, infine aveva indovinato tutto. E se n' era andato. Sul picco, per non decadere e per vivere d' altro. Poi ha scoperto quanto sia spietato il mercato: se sei un disoccupato non ti riassume quando vuoi e alla cifra che vali. Ha avuto la sfortuna di vedere Ancelotti conquistare una improbabile Champions League quando era pronto a succedergli sulla panchina del Milan. Ha rifiutato l' estero perchè non sa le lingue e non voleva finire ospite fisso della Gialappa' s come Trapattoni, di cui, benchè più giovane e bravo, non possiede lo spirito zingaro, l' autoironia, la curiosità. Ha trasformato la propria luce in un' ombra su Donadoni, che si allungava a ogni passo falso. Ed eccola qui, l' ombra farsi carne, l' ipotesi del Lippi bis divenire realtà, dopo un Europeo incolore forse anche per troppa fiducia in alcuni degli uomini del predecessore (prova ne sia che il migliore, alla fine, è stato Chiellini, i più deludenti Toni e Zambrotta). Ora sta a lui. Alla Juventus il gran ritorno gli riuscì. Lippi non è una minestra riscaldata, ma una seconda porzione del piatto migliore sul menù. Semplicemente, poteva non alzarsi da tavola, piuttosto che far sedere un altro e aspettare sulla soglia che gli presentassero il conto prima del dessert. Farà bene, specie se gli nazionalizzano un paio di brasiliani nei ruoli scoperti, ma il punto è un altro. E' l' incapacità italica di voltare pagina, scommettere sul ricambio, non fermarsi appena ottenuto un successo, pensando che sia possibile riottenerlo soltanto con lo stesso metodo, le stesse persone. Ci sono stati (e putroppo ci saranno) imbarazzanti momenti del genere in tutti i campi della vita pubblica. Uno dei più infelici è stata l' idea di ripresentare Rutelli come candidato sindaco di Roma, penalizzato dalla mancata condivisione nostalgica da parte degli elettori. Un esempio che non è molto servito, se è vero che all' evidente difficoltà di Veltroni c' è chi pensa di porre rimedio con la frizzante alternativa D' Alema (che ebbe risultati peggiori di Donadoni). Speravamo di non morire democristiani, con l' eterno ritorno di Fanfani, Rumor, Colombo. E ci son toccati i Berlusconi bis e ter, con la guida dell' economia trionfalmente riaffidata dopo breve interludio al nuovo divo Giulio, Tremonti. Il sequel è un vizio nazionalpopolare. Si pensa di innovare Sanremo passandolo da Baudo a Bonolis. Non ha funzionato? Presto, richiamiamo Baudo. Ancora peggio? A chi rivolgersi, allora? A Bonolis, lui sì che saprà che cosa fare. E' la sindrome dell' usato sicuro. Quando si cambia lo si fa (come con Donadoni) senza convinzione, aspettando soltanto l' occasione giusta per poter tornare indietro. O questo o (meglio ancora) quel che c' era prima: tertium non datur. E' una rincorsa al passato, che nel ricordo era sempre più felice (e con Lippi è pur vero, ma anche un po' per il caso, che a Donadoni ha giocato contro). Non c' è mai un termine di scadenza addosso a chi ricopre un incarico pubblico in Italia. Gli americani dopo un massimo di 8 anni mandano gli ex presidenti a fare tuttalpiù gli ambasciatori Unicef nel mondo. Da noi il termine ex presidente significa spesso "prossimo presidente". Non ritornano a volte, lo fanno quasi sempre. Usato sicuro, ma anche paura della novità, della sperimentazione, del salto generazionale, vissuto sempre e comunque come sinonimo di salto nel buio. Col risultato che sono intere generazioni a saltare un giro, assistendo a un gioco dell' oca con lo stesso pedone avanti e indietro. Forse non è il caso di esagerare. Oltre a essere un ottimo allenatore Lippi non è affatto vecchio. In fondo, non hanno mica richiamato Enzo Bearzot. Ma Gianluigi Rondi sì.
GABRIELE ROMAGNOLI Fonte: Repubblica.it
Piccoli spostamenti del cuore (del giornale).
Oggi sfogliando Repubblica ci siamo accorti di alcuni piccoli cambiamenti nella foliazione del giornale.
L'apertura della rubrica Diario e quella della sezione Spettacoli, non sono più come pagina di destra ma come pagina di sinistra. Per intenderci: queste due sezioni sono state rimpaginate come le sezioni Sport e Economia, con l'apertura a sinistra.
Inoltre, la pagina dei Programmi Tv è stata spostata nella sezione degli Spettacoli. Prima era in fondo al giornale dopo i dorsi locali e prima del Meteo.
L'apertura della rubrica Diario e quella della sezione Spettacoli, non sono più come pagina di destra ma come pagina di sinistra. Per intenderci: queste due sezioni sono state rimpaginate come le sezioni Sport e Economia, con l'apertura a sinistra.
Inoltre, la pagina dei Programmi Tv è stata spostata nella sezione degli Spettacoli. Prima era in fondo al giornale dopo i dorsi locali e prima del Meteo.
martedì 24 giugno 2008
Crosettismi europei 2.
Crosetti su Italia-Spagna:
"Gli spagnoli non sono Trezeguet, e infilano palloni come bottoni nell' asola, a parte la riserva Guiza che ha la faccia di uno che sbaglia anche a centrare la porta della doccia."
Crosettismi europei 1.
Scrive Maurizio Crosetti a proposito dell'eliminazione degli azzurri:
"Non potevamo farcela. Perché mancavano Materazzi, Zidane e la sorella di Zidane. "
lunedì 23 giugno 2008
Europei: pronte le valigie per alcuni inviati di Repubblica.
La Spagna, oltre che alla nazionale di Donadoni, ha eliminato anche qualcuno dei 9 inviati di Repubblica.
Domani sapremo con più precisione chi.
Mura, Crosetti, Currò e Gamba crediamo che restino fino alla finale. Forse anche Sannucci. Ma temiamo che i vari Sorrentino, Moresco, Bocca, Sisti e Zunino oggi abbiano fatto le valigie.
Italia a casa: ecco cosa ne pensa Gianni Mura.
Una sconfitta ai punti
ma va avanti chi ha fatto di più
dal nostro inviato GIANNI MURA
IENNA - Ci è mancato poco, una maggior precisione nei rigori, perché così si è conclusa Spagna-Italia. De Rossi e Di Natale si sono fatti parare il tiro, Buffon aveva già raddrizzato la barca respingendo su Guiza. Fabregas non ha sbagliato il pallone decisivo. Ed è giusto così, tutto sommato. La Spagna ha fatto di più per vincere e il merito dell'Italia, sia detto senza ironia, è di averla obbligata a giocare 120 minuti al di sotto del suo livello.
Quando si esce ai rigori c'è sempre da recriminare, qualcuno dirà che Donadoni avrebbe dovuto sostituire prima Toni. Donadoni si è fidato dei suoi, gli avevano garantito una buona tenuta, facendo il possibile. Facendo argine, cioè. In mezzo al campo, il toque degli spagnoli è diventato un monotono tic- toc, tanto che due dei suoi famosi registi Aragones li ha richiamati per disperazione.
Non poteva non farsi sentire l'assenza di Pirlo. I nostri attacchi sono stati più estemporanei che ispirati, spesso vanificati da Toni, non in un buon momento. La squadra ha lottato, ha tenuto testa con tenacia a una delle squadre più forti degli Europei. E' già un piccolo merito. E adesso prepariamoci a gustare il bis di Spagna-Russia. Sarà ben altra partita rispetto al 4- 1 iniziale.
È stata la terza partita consecutiva, nei quarti, che ha reso necessari i supplementari. Una partita che quasi subito ha mostrato di risentire del clima caldo, appiccicoso. Ne è uscito un gioco poco caldo, poco entusiasmante ad essere sinceri, ma appiccicoso sì. A forza di ragionare sulle nefaste influenze del 22 giugno gli spagnoli entrano in campo piuttosto timorosi. Si vede da come sono meno corali gli attacchi che portano, si vede dai molti passaggi indietro perché il folto centrocampo predisposto da Donadoni non lascia molti spazi utili.
L'Italia è quella annunciata, con Cassano sulla sinistra e Perrotta più a centrocampo che trequartista. Aragones detto il Saggio, una sorpresina l'ha preparata, non tanto negli uomini quanto nella posizione di uno pericoloso: fin qui, Silva aveva agito sempre sulla sinistra, mentre stavolta è dirottato sulla fascia opposta. Molto chiara l'intenzione del ct spagnolo: tenere basso Grosso, i cui cross costituiscono spesso l'unico nutrimento per Toni.
Non succede molto di clamoroso, tant'è che il primo calcio d'angolo (a favore della Spagna) arriva dopo 33 minuti e viene salutato con un applauso generale. Non trovando corridoi aperti, la Spagna ci prova col tiro da fuori, e in questa specialità il più assiduo è sempre Silva, un suo tiro dal limite finisce fuori di pochissimo, con Buffon che non ci sarebbe arrivato. Sono sprazzi di gioco in una partita piuttosto noiosa. Nessuna delle due squadre vuole scoprirsi, nessuna delle due. considerando il caldo, vuole bruciare energie in anticipo.
L'Italia fa una partita attenta a centrocampo, soprattutto con De Rossi, mentre Ambrosini recupera una gran quantità di palloni, il migliore, in assoluto, è un difensore, Chiellini. Che rende innocuo Torres (nel finale sarà anche sostituito da Guiza) e sbroglia altre situazioni difficili. Quelle poche volte che attacca, l'Italia spaventa Casillas. Al 15' st il portiere respinge d'istinto, col piede, un tiro a botta sicura di Camoranesi, da poco subentrato a Perrotta.
Con Camoranesi, il nostro gioco è più fluido, anche se non sono molte le iniziative in avanti. E questo dipende, ancora una volta, dal grande isolamento di Toni, per giunta in serata storta. Cassano qualcosa combina, ma non abbastanza da liberarlo per la conclusione. Gli spagnoli forzano molto il ritmo.
Dopo un'ora scarsa Aragones ha sostituito due dei centrocampisti titolari Iniesta e Xavi, effettivamente molto lenti e poco creativi, cambiandoli con Fabregas e Cazorla. Anche il loro gioco migliora. Al 35' un tiro da fuori di Senna è deviato da Buffon contro il palo, poi il portiere recupera il pallone. Ormai è una partita tra gente stanca, si cerca di evitare i supplementari ma arrivano lo stesso. All'inizio del primo finalmente un cross di Zambrotta è deviato dalla testa di Di Natale: Casillas ci arriva con la punta delle dita. Sembrava l'annuncio di un altro finale. Meno mesto.
repubblica.it
Italia eliminata: le pagelle al veleno di Sannucci.
Gianluigi Buffon
Restano nella storia il rigore parato a Mutu e la parata su Benzema. Il migliore al mondo.
Gianluca Zambrotta
Giù di forma e di condizione, non ha avuto mai uno sprazzo. E a 31 anni adesso torna in Italia, al Milan.
Cristian Panucci
Esitante solo nell'ultima contro la Spagna. Per il resto ha dato tutto per salvare il salvabile.
Giorgio Chiellini
Dopo avere azzoppato Cannavaro si è riscattato con un Europeo in crescendo e una vigorosa gara contro la Spagna.
Marco Materazzi
Una partita, un disastro.
Andrea Barzagli
Totale mancanza di presenza. Scompare anche per infortunio.
Fabio Grosso
Escluso a sorpresa all'inizio, ha spinto l'Italia verso i quarti. Ma era in appannamento di condizione proprio nell'ultima partita.
Rino Gattuso
La combattività al servizio di idee appannate. Un Europeo davvero debole.
Daniele De Rossi
Lasciato fuori da Donadoni si è conquistato il posto che gli spetta senza se e senza ma. Nonostante il rigore sbagliato.
Andrea Pirlo
Un campionato in tono minore, con alcune perle, soprattutto nella gara con la Francia.
Simone Perrotta
Non riesce mai a fare i gol che fa nella Roma. Nè la squadra è organizzata perchè ci riesca.
Antonio Cassano
Tutti i timori sulla sua indisciplina erano infondati. Ha fatto il buono, tra i pochi positivi di questo torneo. Ha diritto a restare in questa nazionale.
Luca Toni
Un campionato senza gol per un centravanti: che dire di più? L'Italia non ha mai segnato su azione.
Massimo Ambrosini
Il più operaio di tutti, la medietà sempre; meglio del solito con la Spagna.
Mauro Camoranesi
Modesto all'esordio, ha ritrovato qualche energia nella partita contro la Spagna.
Alberto Aquilani
Non è ancora il giocatore che entra e decide da solo la partita. Crescerà, se glielo permetteranno.
Roberto Donadoni
Difficile pensare che possa restare. Troppi errori in così poche partite (ufficiali). Anche contro la Spagna incomprensibile l'inserimento di Del Piero, che ha costretto all'arretramento Camoranesi, fino a quel punto il più vivo a sostenere l'attacco.
Restano nella storia il rigore parato a Mutu e la parata su Benzema. Il migliore al mondo.
Gianluca Zambrotta
Giù di forma e di condizione, non ha avuto mai uno sprazzo. E a 31 anni adesso torna in Italia, al Milan.
Cristian Panucci
Esitante solo nell'ultima contro la Spagna. Per il resto ha dato tutto per salvare il salvabile.
Giorgio Chiellini
Dopo avere azzoppato Cannavaro si è riscattato con un Europeo in crescendo e una vigorosa gara contro la Spagna.
Marco Materazzi
Una partita, un disastro.
Andrea Barzagli
Totale mancanza di presenza. Scompare anche per infortunio.
Fabio Grosso
Escluso a sorpresa all'inizio, ha spinto l'Italia verso i quarti. Ma era in appannamento di condizione proprio nell'ultima partita.
Rino Gattuso
La combattività al servizio di idee appannate. Un Europeo davvero debole.
Daniele De Rossi
Lasciato fuori da Donadoni si è conquistato il posto che gli spetta senza se e senza ma. Nonostante il rigore sbagliato.
Andrea Pirlo
Un campionato in tono minore, con alcune perle, soprattutto nella gara con la Francia.
Simone Perrotta
Non riesce mai a fare i gol che fa nella Roma. Nè la squadra è organizzata perchè ci riesca.
Antonio Cassano
Tutti i timori sulla sua indisciplina erano infondati. Ha fatto il buono, tra i pochi positivi di questo torneo. Ha diritto a restare in questa nazionale.
Luca Toni
Un campionato senza gol per un centravanti: che dire di più? L'Italia non ha mai segnato su azione.
Massimo Ambrosini
Il più operaio di tutti, la medietà sempre; meglio del solito con la Spagna.
Mauro Camoranesi
Modesto all'esordio, ha ritrovato qualche energia nella partita contro la Spagna.
Alberto Aquilani
Non è ancora il giocatore che entra e decide da solo la partita. Crescerà, se glielo permetteranno.
Roberto Donadoni
Difficile pensare che possa restare. Troppi errori in così poche partite (ufficiali). Anche contro la Spagna incomprensibile l'inserimento di Del Piero, che ha costretto all'arretramento Camoranesi, fino a quel punto il più vivo a sostenere l'attacco.
domenica 22 giugno 2008
Questa Mania di non rileggere i pezzi.
Sì, certo, gli inviati dettano il pezzo al telefono, il dimafonista è distratto, il correttore sta guardando Olanda-Russia. Ma non ci sono scuse per errori che vengono stroncati a colpi di righello anche in terza elementare. Tipo quello a pagina 6 nel pezzo di Roberto Mania sulla vaffanculate del ministro Sacconi. Cioè la frase “Il Vaffa LO pensato ma non LO detto”. Non ti dico COSO’ pensato io quando LO letto.
Fabio P.
Fabio P.
Murales: il doppio senso all'interno di un doppio senso.
Forse non è voluto ma è casuale o forse non se ne è manco accorto. Sta di fatto che nel pezzo di oggi di Gianni Mura su Croazia-Turchia, c'è un doppio senso che contiene un altro doppio senso. Eccolo.
"Per la terza volta consecutiva la squadra di Terim acchiappa l'ultimo vagone del treno già in movimento. Non può essere una coincidenza".
sabato 21 giugno 2008
“Il calcio è un gioco che si gioca in 22 e poi vince la Germania”.
Da qualche giorno Antonio Dipollina, nella sua rubrica “Schermaglie” annuncia prese per i fondelli per i giornalisti che citeranno la famosa frase di Gary Lineker “Il calcio è un gioco che si gioca in 22 e poi vince la Germania”. E infatti oggi maramaldeggia annunciando premi (un poster di Lineker) al giornalista di Raisport che l’ha citata per primo. Senza sapere, lo sventurato, che solo due pagine prima la stessa frase costituisce l’attacco del fondo di apertura delle pagine di sport. Autore: Gianni Mura. Ooops!
Fabio P.
venerdì 20 giugno 2008
Omero Ciai e la storia della blogger che sfida Fidel Castro.
Bella storia quella della ragazza cubana (foto) che sfida il regime cubano a colpi di post. Ce la racconta Omero Ciai su Repubblica di oggi.
Questo è il blog.
Crosettismi europei.
Maurizio Crosetti parla dell'allenatore della Grecia Rehhagel:
"La Grecia era pur sempre campione in carica, e ha fatto abbastanza ridere. Di memorabile c' è solo la tintura dei capelli di Otto Rehhagel, l' allenatore pettinato come un giocattolo Playmobil."
Poi parla dell'allenatore della Croazia Bilic:
"Dopo decine di calciatori tatuati e trafitti dai piercing come porcospini, sbuca l' allenatore con l' orecchino. Trattasi del croato Slaven Bilic, quarantenne che dalle parti dell' orecchino, appena un po' più in là, ha pure cervello."
Infine del pover povero della Repubblica Ceca Cech:
"E poi il povero Cech: perde il campionato col Chelsea, la Champions League ai rigori e infine arrivano le papere contro la Turchia. Invece del casco, provi con l' elmetto e un amuleto."
"La Grecia era pur sempre campione in carica, e ha fatto abbastanza ridere. Di memorabile c' è solo la tintura dei capelli di Otto Rehhagel, l' allenatore pettinato come un giocattolo Playmobil."
Poi parla dell'allenatore della Croazia Bilic:
"Dopo decine di calciatori tatuati e trafitti dai piercing come porcospini, sbuca l' allenatore con l' orecchino. Trattasi del croato Slaven Bilic, quarantenne che dalle parti dell' orecchino, appena un po' più in là, ha pure cervello."
Infine del pover povero della Repubblica Ceca Cech:
"E poi il povero Cech: perde il campionato col Chelsea, la Champions League ai rigori e infine arrivano le papere contro la Turchia. Invece del casco, provi con l' elmetto e un amuleto."
Gli Europei a Gamba Tesa ( le chicche di Emanuele Gamba).
Gamba parla degli svedesi eliminati dalla Russia:
"Il neo-juventino Mellberg è sembrato perfettamente in linea con gli altri compagni di squadra della sua generazione:un po' passato, ormai."
giovedì 19 giugno 2008
Romagnoli a Madrid. Così gli inviati all'europeo diventano dieci.
Ha fatto le valigie non appena l'Olanda ha segnato il secondo gol contro la Romania. Pronto per partire per Madrid a cercare di capire come gli spagnoli vivranno questa vigilia dei quarti contro los italianos.
Geniale Romagnoli quando a un certo punto scrive:
"L'esecutivo di Zapatero ha fatto parlare il mondo per la presenza di una ministra, Carmen Chacon, gravida. Il nostro è riuscito nella stessa impresa con una ministra, Mara Carfagna, gravida di conseguenze."
Qui il pezzo intero di Romagnoli
Geniale Romagnoli quando a un certo punto scrive:
"L'esecutivo di Zapatero ha fatto parlare il mondo per la presenza di una ministra, Carmen Chacon, gravida. Il nostro è riuscito nella stessa impresa con una ministra, Mara Carfagna, gravida di conseguenze."
Qui il pezzo intero di Romagnoli
Murales freudiani.
Clamoroso lapsus di Gianni Mura nel suo pezzo di oggi da Vienna.
Parlando dei talenti della Spagna, Mura scrive:
"A centrocampo non è da trascurare l'apporto di Silva a sinistra e il lavoro alla De Rossi di Motta".
Motta? Forse intendeva Senna!
mercoledì 18 giugno 2008
Il Brian Storming.
Chi è Brian? Dev’essere un tipo intelligente e tempestoso. Per forza, se Stefano Bartezzaghi oggi a pagina 45 in un pezzo che tra l’altro sbeffeggia l’uso a capocchia dell’inglese nel mondo del lavoro accenna al famigerato “brainstorming”, ma lo scrive “brian storming”. Omaggio a Brian, quello dei Monty Python, immagino.
E il bello è che nella pagina a fianco Andrea Visconti (uno degli 85 che mandano pezzi a Repubblica dagli Stati Uniti) dice che una pista ciclabile costeggia “il fiume East”. Dev’essere la prima volta che qualcuno chiama così l’East River. Allora tanto vale fare trentuno a chiamarlo fiume Est, quello che scorre a Nuova York, bagnando tra l’altro le sponde delle Regine (sarebbe il Queens). Chissà Ruggero Orlando come sarebbe contento.
Fabio P.
Italia-Francia: le pagelle al veleno di Corrado Sannucci.
Gianluigi Buffon
Fa la parata dei primi otto anni del secolo. Sempre in crescita, persino dopo il rigore parato a Mutu.
Gianluca Zambrotta
Stabile sull'opaco, tre partite a lampi zero.
Cristian Panucci
Si inventa una terza età da centrale. La performance è coerente, la sorpresa su di lui cresce.
Giorgio Chiellini
L'azzoppatore di Cannavaro fa tirocinio sul campo. Anche lui in moderata ascesa.
Fabio Grosso
Una certezza. Ma nel trionfo per lui una serata tranquilla.
Rino Gattuso
In miglioramento atletico. La sua tipica esuberanza lo porta all'ammonizione e alla squalifica.
Daniele De Rossi
Superbo, sempre più padrone di questa squadra, in crescita verticale.
Andrea Pirlo
Dopo qualche passato sbandamento una partita con lampi di genio decisivi.
Simone Perrotta
Stabile sul modesto, non riesce a esprimere la furia che ha nella Roma.
Antonio Cassano
Deludente. Chiamato a essere il protagonista si tira indietro.
Luca Toni
Peggiora nei gol mancati, ma cresce la paura che le difese hanno di lui, il capocannoniere della Bundesliga. Ma è il leader di una squadra che segna solo su calcio piazzato (tre su tre all'Europeo).
Massimo Ambrosini
Minuti da operaio esperto. Coerente.
Mauro Camoranesi
Stabile nella modestia. Ma Donadoni non lo abbandona.
Alberto Aquilani
I suoi primi minuti all'Europeo. Contro la Spagna servira' di piu'.
repubblica.it
Gli Europei a Gamba Tesa ( le chicche di Emanuele Gamba).
Scrive Gamba a proposito del biscotto che Van Basten potrebbe impastare con la Romania:
"Marco Van Basten ha passato la vigilia al Museo Olimpico di Losanna, noi speriamo che non ne abbia ereditato lo spirito decoubertiniano".
martedì 17 giugno 2008
Murales europei.
Gianni Mura sul match delle nobili decadute Italia-Francia:
"Due squadre che, tra le altre mille cose, hanno in comune anche una punta di 31 anni il cui cognome è un nome (Henry, Toni)".
Il biscotto di Zunino.
Corrado Zunino ieri era a Ginevra per la cronaca di Repubblica Ceca-Turchia e, già che c'era, ne ha approfittato per intervistare Ernesto Bertarelli, l'ideatore rossocrociato del team Alinghi di Coppa America.
Già che c'era.
Già che c'era.
lunedì 16 giugno 2008
Un errore da matita rossa. Anzi da penna (Bic) blu.
Piccolo esperimento di matematica applicata all’ortografia: se prendete la parola BICH e togliete la C cosa resta? Resta BIH, giusto? Sbagliato, almeno secondo Enrico Franceschini, che nel pezzo di oggi sulla storia della biro scrive che resta BIC.
Mandategli subito, per rifare i calcoli, un pezzo di carta e una biro (cioè una penna Biro o una penna a sfera, non, come scrive lui “una penna a biro” che non esiste).
Fabio P.
sabato 14 giugno 2008
venerdì 13 giugno 2008
Italia-Romania: le pagelle di Corrado Sannucci.
I BOCCIATI CHE RESTANO BOCCIATI
ZAMBROTTA: un disastro contro l'Olanda, un quasi disastro contro la Romania
DEL PIERO: bene nei pochi minuti finali contro l'Olanda, bene nei pochi minuti iniziali contro la Romania. Peccato le partite durino più di un quarto d'ora.
PIRLO: opaco contro l'Olanda, si ripete contro la Romania. Non dà sorprese.
CAMORANESI: malissimo contro l'Olanda, male contro la Romania. Si può definire un miglioramento?
AMBROSINI: improduttivo contro l'Olanda, inutile contro la Romania.
CHI SI E' RISCATTATO
PANUCCI: affannato contro l'Olanda, gladiatorio con gol contro la Romania
BUFFON: qualche incertezza contro l'Olanda, monumentale contro la Romania.
TONI: spompato contro l'Olanda, in gol ma annullato contro l'Olanda.
SALVATORI DELLA PATRIA
DE ROSSI: non delude, onnipresente e battagliero.
GROSSO: trascinatore con sconfitta contro l'Olanda, trascinatore con pareggio contro la Romania
CHIELLINI: combattente, per quel che può.
CASSANO: genio vero e sottovalutato.
MANCATI SALVATORI DELLA PATRIA
PERROTTA: non trova la posizione giusta, l'unico fallimento della rivoluzione.
QUAGLIARELLA: nessuna azione da ricordare.
DISPERSI:
Di Natale, Gattuso, Materazzi, Barzagli.
TUTTORA EMARGINATO:
Aquilani.
Da Repubblica.it
Murales Europei.
Gianni Mura parla della coppia di centrali difensivi del Portogallo:
"Pepe-Carvalho: la coppia più letteraria degli Europei".
Europei a Gamba Tesa.
Emanuele Gamba a proposito di Romania-Italia:
"Quelli che noi vorremmo cacciare dall'Italia adesso rischiano di cacciarci dall' Europa..."
giovedì 12 giugno 2008
Sistillati Europei.
Nuova rubrica dedicata a Enrico Sisti: SISTILLATI. In questo caso europei.
Scrive Sisti a proposito di David Villa e della vittoria secca della Spagna sulla Russia:
"Nel giorno in cui tutti aspettavano El Nino Torres, tre gol alla Russia li ha fatti lui, David Villa, il Nino di ricambio".
Murales Europei.
Gianni Mura ritorna sulla sconfitta dell'Italia:
"Gattuso di questa squadra rappresenta l' anima guerriera. Vedendolo sbattersi tra due gigantoni, mi è sembrato un conduttore di risciò in mezzo al traffico motorizzato."
mercoledì 11 giugno 2008
Galbiati e Randacio in gita premio nella clinica degli (anziani) orrori.
E' toccato a Walter Galbiati ed Emilio Randacio andare alla clinica Santa Rita a cercare di capire se gli orrori denunciati sono veri.
Nella foto, la home page della clinica.
Crosettismi europei 2.
Ancora Maurizio Crosetti sulla disfatta azzurra:
"A poco è servito uno striscione profetico, appeso in gradinata: «Mister, metti a Cassano». Per provarci, e dev' essere stata proprio la mossa della disperazione, il triste ha aspettato il minuto numero 75. Ma nulla ha ridato gioia di vivere alla nazionale di Villa Arzilla, la più anziana di tutto l' Europeo."
Crosettismi europei 1.
Maurizio Crosetti a proposito della poco brillante prestazione di Marco Materazzi contro l'Olanda:
"...il tatuato Materazzi ormai sembra, più che altro, un muro dipinto con lo spray. Una pena, povero Matrix. Al minuto cinquantaquattro se ne accorge persino l' allenatore triste, e lo leva."
Gli Europei a Gamba Tesa ( le chicche di Emanuele Gamba).
Dopo i Crosettismi, i Romagnolismi e i Murales, ecco A Gamba Tesa, la raccolta delle chicche di Emanuele Gamba.
Oggi Emanuele inizia così la sua cronaca da Zurigo di Francia-Romania:
"Romania e Francia avevano così paura del gruppo della morte che l' hanno trasformato in quello della noia: si sopravvive sbadigliando, non c' è né boia né impiccato ma soltanto un deprimente rumore di niente alla fine di questa partita vuota e stanca, blindata dal terribile catenaccio romeno e perfettamente incorniciato dalla 0-0 finale."
Oggi Emanuele inizia così la sua cronaca da Zurigo di Francia-Romania:
"Romania e Francia avevano così paura del gruppo della morte che l' hanno trasformato in quello della noia: si sopravvive sbadigliando, non c' è né boia né impiccato ma soltanto un deprimente rumore di niente alla fine di questa partita vuota e stanca, blindata dal terribile catenaccio romeno e perfettamente incorniciato dalla 0-0 finale."
martedì 10 giugno 2008
Il crollo dell'Italia: ecco il pezzo di Gianni Mura (senza nessun Murales di rilievo).
I campioni scomparsi
dal nostro inviato GIANNI MURA
BERNA - Si torna tutti coi piedi per terra. L'Italia becca in una partita più dei gol che aveva incassato ai mondiali di Germania. Si può discutere del primo, secondo me in netto fuorigioco.
Ma Panucci era steso due metri oltre la linea di fondo per uno scontro con Buffon. Gli azzurri hanno protestato a lungo, Toni si è anche beccato un cartellino giallo a forza di invitare l'arbitro a rivedere il maxischermo. Non si può, dovrebbe saperlo. Una volta discusso sul primo gol, però, non ci sono altre attenuanti.
Per tutto il primo tempo l'Olanda ha fatto quello che ha voluto, mostrando una condizione fisica decisamente migliore ma, soprattutto, idee molto chiare su come bloccare il nostro gioco. Almeno un uomo sempre in disturbo su Pirlo, Kuijt e Sneijder prontissimi a ribaltare l'azione. Meglio, ma era tardi, l'Italia del secondo tempo, spinta dall'orgoglio e da un tifo caldo e via via rassegnato. Attaccando in un modo decente, ha messo alle corde l'Olanda.
Toni ha fallito un gol facile su invito di Cassano, Van der Sar ha fatto due belle parate su conclusioni di Grosso e Pirlo. Un gol in questo periodo, a un quarto d'ora dalla fine, avrebbe forse dato una spinta ulteriore all'Italia, invece è arrivato il terzo gol, in contropiede, e il 3-0 è un risultato davvero pesante, che chiama in causa ben più di un giocatore, direi tutti i reparti.
Al di là di Buffon, che ha salvato il salvabile, è apparsa estremamente impacciata la coppia centrale difensiva. Al 10' st Donadoni ha fatto la mossa che forse rimpiangerà di non aver fatto prima dell'inizio: va fuori Materazzi, Panucci in mezzo, ingresso di Grosso sulla sinistra e spostamento a destra di Zambrotta. Usciti altri due molto deludenti, Camoranesi e Di Natale, sono entrati del Piero e Cassano, che un po' di vivacità l'hanno data, ma senza però riuscire a superare Van der Sar.
Sembrava giocare a nostro favore lo 0-0 tra Francia e Romania, invece ci si ritrova ultimi del girone ma, a patto di rimettersi subito in carreggiata, con le possibilità di qualificazione ancora in piedi. Questo è il punto, bisogna vedere se in pochi giorni la squadra ritroverà la sicurezza che ha perduto, perché la lezione è stata dura. E se, con la sicurezza, ritroverà il gioco che ieri è mancato, soprattutto nel primo tempo, quando l'Olanda ha scavato la differenza.
Le cattive condizioni atletiche riguardano anche Toni, ben lontano dall'apporto consueto. Non è riuscito a mantenere un pallone per far salire la squadra, e la manovra ne ha risentito. In sostanza, un'Italia troppo incerta, anche smarrita, ha subito la velocità, l'iniziativa e il fraseggio degli olandesi. Van Basten s'è riservato qualche rimescolamento di carte spostando Oojer al centro e mettendo a terzino destro Boulahrouz. I difensori olandesi non hanno dovuto fare gli straordinari, perché quasi sempre il gioco italiano naufragava sulla trequarti.
Difficile salvare qualcuno, a parte Buffon. Ambrosini aveva cominciato molto bene, recuperando un gran quantità di palloni, poi è calato, pur lottando, come del resto Pirlo e Gattuso. Sull'azione del primo gol rivedremo moviole, sentiremo pareri di arbitri ed ex arbitri, impareremo a memoria articoli del regolamento. Secondo me sarebbe stato da annullare anche se Van Nistelrooy non avesse deviato da pochi passi quel tiraccio da fuori, perché era esattamente davanti a Buffon.
Il 3-0 rende meno gravi le responsabilità di un arbitro comunque scadente sotto il profilo disciplinare. E complimenti a Van Basten per la sua Olanda questo bisogna dirlo, è il minimo.
Copyright: La Repubblica
Corrado Sannucci c'è. E frusta gli azzurri con le sue pagelle.
Finito il dilemma di Corrado Sannucci: è anche lui agli Europei.
Come si poteva stare senza le sue pagelle?
In totale (e in definitiva) sono 10 gli inviati di Repubblica agli europei di calcio.
Noi ne abbiamo azzeccati 7 su 10.
Come si poteva stare senza le sue pagelle?
In totale (e in definitiva) sono 10 gli inviati di Repubblica agli europei di calcio.
Noi ne abbiamo azzeccati 7 su 10.
Crosettismi Europei.
Maurizio Crosetti oggi parla del portiere dell'Olanda Edwin Van Der Saar:
"Edwin mani di burro...con quella faccia da Stanlio che non ha più voglia di far ridere ma che sa sempre sorridere..."
(Infatti Van Der Saar ieri ha fatto piangere l'Italia intera).
lunedì 9 giugno 2008
Murales Europei.
Gianni Mura oggi parla di Olanda-Italia:
"L'Italia ai tempi del calcio totale di Crujiff ha tentato di copiare l'Olanda, ma non era un'adesione profonda, era seguire una moda, come si fa oggi col sushi nell'ultima delle pizzerie.
Videtti a Dublino per i Radiohead. Che culo!
Oggi, la persona al mondo che invidiamo di più è Giuseppe Videtti, che è volato a Dublino per scrivere del concerto dei Radiohead.
TotoInviati agli Europei: il mistero Sannucci. C'è o non c'è?
Oggi, nelle pagine dedicate all'Europeo, la rubrica "Doppio Passo" è curata da Corrado Sannucci. E' sufficiente per sostenere che Corrado si sia aggregato alla truppa degli inviati in Austria e Svizzera?
Vedremo.
Vedremo.
domenica 8 giugno 2008
Murales Europei (le chicche europee di Gianni Mura).
Dopo i Crosettismi di Crosetti, i Romagnolismi di Romagnoli, ecco i Murales di Mura.
Scrive oggi Gianni Mura a proposito della partita del Portogallo:
"Cristiano Ronaldo dà l'impressione di giocare più per il pallone d'oro che per la sua squadra..."
Crosettismi europei.
Maurizio Crosetti commenta la partita inaugurale Svizzera-Repubblica Ceca da Basilea:
"Avvolti nelle loro mantelline scarlatte, i tifosi svizzeri sembrano Cappuccetto Rosso. E il lupo si chiama Vaclav Sverkos, arriva da Ostrava, Repubblica Ceca, e se li mangia segnando il primo gol dell'Europeo..."
Nella foto: il lupo Vaclav Sverkos dopo il gol.
TotoInviati agli Europei: e Sannucci? L'hanno lasciato a casa a firmare le copie del libro?
Senza Corrado Sannucci gli europei di Repubblica non valgono. Noi di PazzoPerRepubblica non ci crediamo che se lo siano dimenticati a casa.A meno che non sia stata una sua richiesta, per poter firmare le copie del suo libro che sta avendo successo.
Non demordiamo e aspettiamo di vederlo arrivare domani, per fare le pagelle degli azzurri contro l'Olanda.
Sannucci a parte, ecco quindi il team di Repubblica a gli Europei: Mura, Moresco, Bocca, Crosetti, Sisti, Currò, Gamba, Sorrentino, Zunino.
Non demordiamo e aspettiamo di vederlo arrivare domani, per fare le pagelle degli azzurri contro l'Olanda.
Sannucci a parte, ecco quindi il team di Repubblica a gli Europei: Mura, Moresco, Bocca, Crosetti, Sisti, Currò, Gamba, Sorrentino, Zunino.
La morte di Dino Risi. Coccodrilli di D'Agostini, Aspesi e Audisio.
Tre pagine zeppe di belle parole su Dino Risi, morto ieri a 91 anni. I coccodrilli sono affidati a Paolo D'Agostini, Natalia Aspesi e a Emanuela Audisio.
sabato 7 giugno 2008
TotoInviati agli Europei: ecco Mura, Sorrentino e Sisti, e sono 9. Squadra al completo?
Con i 3 arrivi di oggi,Gianni Mura, Andrea Sorrentino ed Enrico Sisti, diventano 9 gli inviati di Repubblica impegnati a recensire le partite degli Europei di Austria e Svizzera.
Squadra al completo? Vedremo.
Squadra al completo? Vedremo.
TotoInviati agli Europei: arrivano Crosetti e Zunino. E fanno 6.
Ai 4 già presenti: Bocca, Gamba, Currò e Moresco, oggi si sono aggiunti Maurizio Crosetti e Corrado Zunino.
Crosetti lo avevamo messo in preventivo. Zunino invece è stata una sorpresa per tutti.
Punteggio: 4 azzeccati su 6.
Crosetti lo avevamo messo in preventivo. Zunino invece è stata una sorpresa per tutti.
Punteggio: 4 azzeccati su 6.
C'è chi va agli Europei e chi va a Krsko.
Crosetti, Mura e compagnia bella sono all'aria buona in Svizzera e Austria. Il povero Fabrizio Ravelli è andato a respirare aria un po' meno buona a Krsko, Slovenia, dove c'è stato il rischio di una nuova Chernobil.
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