mercoledì 4 novembre 2009
La tempesta prima della quiete.
A volte sfoglio Repubblica e penso: bello, sì, ma tutti quei titoli che iniziano per «E» (anche in pagine che "si guardano"), «Così», «Ecco», «Quello» etc etc («Si insegna nelle scuole di comunicazione – mi dice un mio collega che ha studiato a Milano – è un modo per attrarre il lettore catturandone l'attenzione»)...; vedo una recensione sull'ultimo Baricco ad aprire la sezione Cultura e la pubblicità dell'ultimo Baricco due pagine dopo e intanto so che il giorno seguente uscirà la manchette dell'ultimo Baricco in prima pagina (e dire che critico il Fatto Quotidiano che lo fa con Travaglio, e prim'ancora Rcs...); leggo nell'attacco dell'ultimo editoriale di Scalfari un ringraziamento alla Mondadori per aver concesso a Repubblica l'esclusiva dell'anteprima del nuovo libro del card. Martini e poche pagine dopo leggo pure l'articolessa sulla lobby comunicativa manovrata (anche) da Mondadori per montare ad arte il caso Marrazzo.
Poi.
Poi, oggi, leggo a fine giornata la doppietta Serra (sulla morte della Merini: «Credo che i poeti preferirebbero di gran lunga essere un po' meno idealizzati e un po' piletti, e pubblicati. E guadagnare di più, perché lavorano, perché anche scrivere è lavorare») e po ancora Ceccarelli sulla cosiddetta suina: riesce a superare anche il Gramellini – stesso argomento, prima lettura della mattina – di uno dei migliori "Buongiorno" di sempre.
E i dubbi si diradano.
OCCAM
Photo scattata ad Anguillara Sabazia il 15 agosto 2008 (© Tearsandrain / Flickr
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1 commento:
Indubbiamente, caro Occam, può lasciare perplessi l'ambiguità che può a volte esserci tra recensione di un'opera e relativo lancio pubblicitario. Difficile scacciare il cattivo pensiero che il secondo potrebbe non esserci sul giornale se non ci fosse la prima. Quando però un autore è famoso come Baricco ti puoi aspettare ambedue le cose, necessariamente in contemporaneità, senza che ci si debba sorprendere.
Approfittando invece della tua osservazione, vorrei invece manifestare il mio fastidio per le paginate "pubblicitarie", mascherate sotto la veste giornalistica, che debbono invariabilmente accompagnare le iniziative editoriali del giornale, i famosi collaterali (che io evito oramai da anni, con l'eccezione dell'amatissimo Tex). Capisco che per l'azienda, in un moneto di grave crisi del settore, siano prodotti importanti in quanto garantiscono margini di profitto ancora interessanti (è una ovvia deduzione, altrimento non persisterebbero). Quello che non comprendo è il perchè si debbano inevitabilmente appaltare una/due pagine del giornale per veicolare ogni iniziativa. Ieri, ad esempio, sono state dedicate due intere pagine per accompagnare la nuova (attesissima! indispensabile!) iniziativa sulla storia dell'automobile, scomodando anche il povero Rampini per suggellare l'importanza della stessa.
Osserviamo l'ipertrofia del giornale (ieri e oggi, 72 pagine più la cronaca locale), bizzarramente combattuta dalla direzione a colpi di riduzione della lunghezza degli articoli, cui fa paradossalmente da contraltare una mancanza di esaustiva copertura (cui corrisponde un deficit di visione, evidentemente) del mondo in cui viviamo: dalla crisi delle piccole e medie industrie e dell’artigianato in Italia (il bacino elettorale della destra!) fino alla ritirata dal continente sudamericano, come giustamente rilevato da Luca in un post di qualche giorno fa.
Ebbene, che in questo contesto io debba sorbirmi (per modo di dire, non le leggo mai) intere paginate di articoli a supporto di superflue iniziative editoriali mi pare francamente provocatorio.
Parliamone.
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