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Finita l'anestesia e scemato il dolore, eccomi da voi a commentare la discussione
scoppiata intorno al blog.
L'idea di questo blog, nato nella primavera del 2006, è quella di raccontare vita, morte, miracoli e curiosità del quotidiano La Repubblica. Tengo sotto controllo inviati, corrispondenti, cronisti, opinionisti. Quando sono per strada fotografo chiunque abbia in mano una copia di Repubblica.
E fotografo anche le pile di Repubblica impilate fuori dalle edicole di Milano e pubblico le foto sul blog nella rubrica "Dichiarazioni d'amore". Ho riportato l'incipit della presentazione del blog (che trovate qui a destra) per rispondere alla discussione che da qualche giorno sta animando questo blog.
Nelle prime sei righe di quella presentazione c'è il concentrato del sapore che questo blog dovrebbe avere. Un blog ruspante, a volte naif, amatoriale e molto, molto spensierato.
In quella che io chiamo
redazione non ci sono giornalisti professionisti (salvo un paio di collaboratori che però non ci tengono particolarmente a farlo sapere), né pubblicisti. Siamo tutti lettori appassionati di Repubblica innamorati a tal punto di questo fottuto giornale da arrivare anche ad odiarlo, certi giorni.
La mia idea non era (non è) quella di vivisezionare gli articoli e i commenti degli illustri inviati. L'idea è (era) quella di scherzare e di giocare con chi questo giornale lo scrive, lo disegna e lo stampa. E, perché no, lo legge.
E' vero, come dice Authan, che da qualche mese la maggior parte dei post si è concentrata sulla notifica dei refusi. Specie quelli più stupidi, specie quelli riportati sul repubblica.it, dove la fretta di postare le cose ti porta più facilmente a sbagliare. Ma è anche vero che, come altri hanno segnalato, il secondo (primo?) quotidiano italiano ha l'obbligo di curare i minimi particolari e così non ci va che certe cazzate vengano scritte per distrazione o poca professionalità. Cavolo, ci vuole davvero poco a dare una scorsa ai nomi degli inviati, ai titoli delle schede, alle didascalie delle foto. Lo si deve fare per rispetto, per educazione, per professionalità.
E poi, i ripetuti errori nella testata di R2 non vi sembrano gravi? Stiamo parlando di Repubblica, non della Gazzetta di Pontremoli. Con tutto il rispetto per la Gazzetta di Pontremoli.
Quindi ben vengano le critiche, che servono a far crescere il blog e a tenere in caldo la nostra passione per il giornale di nonno Scalfari. Però vorrei tanto che queste critiche venissero lette anche da chi il giornale lo fa, in un'ottica di Web 2.0, quella fastidiosissima definizione con cui viene chiamata quella nuova forma di fare internet che appartiene non solo a chi propone i contenuti sulla rete, ma anche e soprattutto a chi quei contenuti li fruisce e ha il diritto di condividerli, di crearli e di demolirli.
Mettiamocelo bene in testa: gli utilizzatori della rete non vogliono più sentirsi dire "compra questo prodotto perché fa bene". Questo concetto appartiene alla vecchia formula della comunicazione. Sulla rete è il consumatore finale che decide se un prodotto è buono e fa bene.
Ecco perché quando su PPR si accendono le polemiche vorrei tanto che di là dal cancello ci fosse qualcuno pronto a leggerle. Siano essi segnalazioni di stupidi refusi come commenti ad articoli di prima pagina. Anche se noi, qui a PPR, preferiamo continuare a segnalare i primi.
PS: sarà certamente un caso, ma da quando abbiamo abbassato il livello dei post, si è automaticamente alzato quello dei visitatori. Oh Cristo! Vuoi dire che ci stiamo ingossippando anche noi? Come il nostro beneamato quotidiano? Se lo sa Vittorio Feltri ci dedica la prima pagina di Libero.
PS2: sì, quella nella foto sono proprio io.